Steiner dalla parte della finzione | Rivista dei librai

Steiner dalla parte della finzione | Rivista dei librai
Steiner dalla parte della finzione | Rivista dei librai
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Senza dubbio bisogna, come George Steiner, aver letto ilIliade a 6 anni, per diventare un grande cronista letterario prima dell’eterno; Steiner, morto nel 2020 all’età di 71 anni, è stato uno dei più colti che abbia mai conosciuto; ha tenuto una rubrica di libri per tre decenni (dal 1967 al 1997) Newyorkese come degno successore di Edmund Wilson che lo aveva preceduto nelle pagine dello stesso articolo. Wilson e Steiner, giganti della critica, e questi modelli rimangono insuperati; E poi – non è il caso di sognare – non si producono più, la fabbrica è chiusa.

A 6 anni, incoraggiato da suo padre, un avvocato, lo fu nel testo che il piccolo George aveva letto questo versetto epico del 15537 attribuito a Omero; il ragazzo, cresciuto in tre lingue, tedesco, inglese e francese, si era buttato a capofitto nell’apprendimento del greco e del latino. Prima muori, oppure non sei ancora venuto al mondo…

Steiner nacque a Parigi nel 1929 da genitori ebrei viennesi che avevano lasciato l’Austria nel 1924, in fuga dall’odore fascista che puzzava l’aria, e all’età di 11 anni, un mese prima che i tedeschi entrassero a Parigi, George seguì i suoi genitori a Le Havre e poi in America. dove sarà iscritto al liceo francese di New York. Il resto si chiama studi, studi, università, università, Harvard, Oxford, Cambridge, Princeton e polvere, quelli delle sale di lettura di biblioteche così antiche.

Le sue cronache di Newyorkesemolti dei quali sono stati tradotti e raccolti da Gallimard (Letture, coll. “Arcades”, 2010), le sue interviste (Elogio della trasmissioneAlbin Michel, 2003), i suoi saggi (Le AntigoniFoglio n. 182, Dalla Bibbia a KafkaBayard, 2002, Passioni impuniteFolio N. 385), i quaranta titoli che pubblicò, tutto in lui era opera di un brillante cronista: ampiezza di mente, flessibilità di analisi, ampiezza di prospettiva, libertà di tono, semplicità e chiarezza di un maestro, di tale maestro da leggere come ha saputo definirsi.

Quindi, quando hai accumulato un tale bagaglio, quando hai letto quasi tutto e hai servito ampiamente la letteratura traghettatoreda bravo maggiordomo di lettere provenienti da tutti i paesi, mi chiedo come ci sentiamo quando decidiamo di passare a nostra volta dalla parte della finzione, per commettereosare inventare invece di commentoinsomma, fare il salto nel vuoto della finzione, questo luogo dove è attraverso la menzogna che cercheremo di dire la verità, dove è mentendo che ci avvicineremo alla verità…

Non ho letto il primo salto di Steiner nello stagno del romanzo, Trasporto di AH pubblicato dalla Julliard nel 1981. Era un thriller e le iniziali del titolo erano quelle di Adolf Hitler. Avrei dovuto leggerlo, non l’ho fatto. Steiner, ho appreso leggendo i riassunti, immaginava Hitler come un vecchio rifugiato nella giungla amazzonica, alcuni tabù venivano messi in discussione: quello che voleva che Hitler nascesse ebreo, il grado di follia da lui raggiunto e – un’idea che mi ha ricordato che sembra esplosivo al momento massacro di Gaza – il narratore si chiedeva se Israele non sarebbe un’eredità del Führer.

Lì, con la pubblicazione nel 2024 da parte delle Éditions de L’Herne di due racconti, L’abisso E Alle cinque del pomeriggio, non ho potuto resistere, ho letto. E mi è piaciuto. Anche se… non ho scoperto uno scrittore del livello di quelli di cui ha tanto parlato, da Dostoevskij a Céline, da Nabokov a Rilke, ma vedo all’opera un abile narratore che sa sfruttare il legame con i suoi vecchi maestri per creare una buona storia e catturare il lettore.

In caso di Abisso, scritto nel 1996, è Poe e Conrad e un piccolo Verne che possiamo chiaramente intuire dietro il suo. Questa storia da incubo di un navigatore perseguitato dalle secche, dalle fosse oceaniche, mi riporta al romanziere di Boston che, in Le avventure di Arthur Gordon Pymfa sentire l’orrore di panico dell’inghiottimento nella spirale degli abissi marittimi, e quello del Tifone di Joseph Conrad, questo polacco – nato in Ucraina – naturalizzato britannico e che ha fatto del mare, esigente e angosciante, oggetto della sua opera.

Aaron Tefft, mezzo matto, è tanto affascinato quanto ossessionato dalle fosse marine, “questo imbuto notturno in cui l’Everest sarebbe passato inosservato”. Di notte, nei suoi incubi, si vede sprofondare lì, trascinato per sempre nel silenzio oceanico, o gettato in mare in una bara che gli squali alla fine aprono. Nei suoi contratti di lavoro come coniuge, esige una clausola che preveda, in caso di morte di malattia, il divieto di essere sepolto in mare ma riportato a terra dove la moglie erediterà tutti i suoi beni a condizione che possa dimostrare di aver effettivamente sepolto suo marito nel suolo del Massachusetts.

In definitiva, la sua immaginazione sarà così turbata, così presa dal panico, che lui stesso, dal ponte di una nave, una notte salterà oltre la murata. E la sua povera moglie non toccherà la sua fortuna, poiché Aaron Tefft ha anche previsto nel suo testamento che, una volta sepolto nell’abisso, essa andrà ad una società di beneficenza che si prenderà cura della sorte dei sordomuti…

In Alle cinque del pomeriggio, cambio di registro, attraversiamo una storia assurda il cui spettro costituisce il grande divario tra Rabelaisiano e Céliniano. Pensiamo anche a Carlo Emilio Gadda. La scrittura è danzante, le parole rozze, il soggetto altamente improbabile. Un gruppo di poeti messicani che sembrano acrobati decide di recarsi in Colombia per combattere, con la forza delle loro poesie, le devastazioni del cartello della droga. Metà pastori, metà piedi nichelati, partono con un’arpa ebraica e si mettono in viaggio per evangelizzare i criminali in nome dell’arte di Pindaro. La sfortuna li colpirà quando, dopo aver radunato la gente, gli scagnozzi dei concessionari li avranno abbattuti sotto forti raffiche.

Steiner si è divertito, diremo. Il critico avrà interpretato la finzione poco ma bene. Angoscia, cinismo, umorismo, mascherata e incubo, con quel tanto che basta di sale letterario per mantenere il gusto lì e farti chiedere di più. Ma non sono Poe, né Rabelais, né Gadda che lo vogliono, lo stesso…

Foto: © Robert Boisselle

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