La nuova Lydia Flem, un libro tra morte e vita

La nuova Lydia Flem, un libro tra morte e vita
La nuova Lydia Flem, un libro tra morte e vita
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Vent’anni fa, Lydia Flem « ha svuotato la casa dei suoi genitori » appena scomparso, ogni oggetto, ogni scritta scoperta facendo scoppiare sulla superficie della sua coscienza una bolla di memoria sepolta.

Vent’anni dopo, la scomparsa del suo compagno Maurice Olander, che lei evoca con modestia e tenerezza nell’introduzione a quest’opera, la ripiomba nel lutto e in questa mancanza che non l’ha mai abbandonata dei suoi cari genitori defunti. Questa volta non li evocano più attraverso gli oggetti, ma diventano essi stessi “oggetti” della sua evocazione.

Come questi sopravvissuti al campo, uno viveva per dimenticare e l’altro sceglieva di vivere per non dimenticare. Raccontandoli, Lydia Flem li fa rivivere, racconta la loro vita, la loro sopravvivenza, la loro resistenza, l’impressionante resistenza di sua madre, sebbene ebrea e “appena” francese…

Con sobrietà, in uno stile privo di pathos, pensiamo a Sebald evocato furtivamente, erige un monumento letterario ai suoi genitori, dà al ricordo un’importanza materiale sotto forma di lavoro come si dice nel cucito, il mestiere di sua madre. Sua figlia parla di trasmissione della memoria più che del dovere: lo psicanalista lo fa attraverso la scrittura, perché, infatti, la scrittura dura, e, se gli ebrei sono sopravvissuti ai secoli, compreso il terribile Novecento, è soprattutto grazie alla Libro, alla trasmissione attraverso la scrittura. Per Lydia Flem, Che sia dolce per i vivi è il suo Antico e Nuovo Testamento… o meglio la prova d’amore.

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