In un gioco assurdo che coinvolge l’Algeria e il suo cherubino, il Polisario, sulla scena internazionale, il rifiuto categorico di censire le popolazioni dei campi di Tindouf resta un episodio particolarmente tragico.
Al contrario, il Marocco procede con serenità e pragmatismo. Offre soluzioni concrete, accolte con favore dalla comunità internazionale. Nel frattempo, Algeri persiste in una palese doppiezza. Mostra uno pseudo-disinteresse per la questione del Sahara. Eppure il suo coinvolgimento mostra chiaramente le sue vere intenzioni.
Il Marocco, un modello di pragmatismo e soluzioni realistiche
Di fronte a un groviglio di abusi e manipolazioni, il Marocco resta fedele alla sua proposta del 2007: un’iniziativa di autonomia sotto sovranità marocchina, definita “seria e credibile” dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Per decenni Algeri ha schivato, aggirato e infine bloccato ogni tentativo di censimento delle popolazioni dei campi di Tindouf. Tuttavia, questo processo elementare, raccomandato dalle Nazioni Unite, farà luce sulla reale situazione di questi presunti rifugiati.
Ufficialmente, i due senili sul balcone dello spettacolo dei Muppets realizzato in Algeria continuano a proclamare che l’Algeria è solo un “osservatore” nel conflitto. Ma rifiutare un semplice conteggio delle persone che ospita sul suo territorio sotto il governo del suo esercito dimostra quanto sia molto più di un attore secondario.
Il calcolo è semplice: rifiutando la trasparenza, Algeri e il Polisario mantengono cifre artificialmente gonfiate – si parla di 100.000 abitanti nei discorsi ufficiali – per giustificare massicci flussi di aiuti internazionali, una parte dei quali scompare misteriosamente. La realtà? Gli esperti stimano che la popolazione reale dei campi oscilli tra le 20.000 e le 30.000 persone, una cifra ben lontana dalle fantasie algerine.
Per i capi di Algeri, i campi di Tindouf non rappresentano un peso umanitario, ma soprattutto una leva strategica nella storica opposizione al Marocco. Mantenendo un discorso di vittimizzazione e accusando Rabat di essere la fonte del problema, il regime totalitario delle due seniles di Algeri si dà l’illusione di restare rilevante sulla scena regionale.
Ma, dietro questo discorso, si nasconde una realtà meno rosea: gli abitanti dei lager sono soprattutto ostaggio di una strategia politica fredda e calcolata da decenni. L’incapacità delle Nazioni Unite di imporre un censimento dei campi dimostra la doppiezza di Algeri e l’inspiegabile indulgenza di alcuni attori internazionali. Questa mancanza di fermezza permette il persistere di una situazione in cui i civili sono ridotti allo status di pedine in un falso conflitto mantenuto artificialmente tale.
Abuso documentato: quando la sofferenza alimenta l’interesse
Rapporti internazionali continuano a denunciare la massiccia appropriazione indebita degli aiuti umanitari destinati ai campi di Tindouf. Forniture alimentari e mediche, inviate per alleviare le sofferenze dei residenti, finiscono sui mercati paralleli o nelle tasche di leader corrotti. Nel frattempo la popolazione, già intrappolata nell’isolamento geografico e politico, continua a soffrire in silenzio.
Peggio ancora, coloro che osano esprimere il desiderio di tornare nella loro terra d’origine, il Marocco, subiscono brutali ritorsioni. Tortura, sparizioni forzate, intimidazioni: tante pratiche oltraggiose che mettono in luce la natura oppressiva del Polisario e l’incapacità dell’Algeria di tutelare i diritti fondamentali sul proprio territorio.
Il rifiuto algerino di prendere in considerazione l’opzione marocchina illustra il suo obiettivo: mantenere una zona di reale instabilità per indebolire il Marocco, anche a costo di sacrificare i diritti di migliaia di persone. Tuttavia, come ha affermato il re Mohammed VI durante la commemorazione della Marcia Verde, “ è tempo che il mondo distingua tra una realtà legittima e un mito congelato nel passato« .
La comunità internazionale di fronte alle sue responsabilità
La questione dei campi di Tindouf mette in luce l’inerzia e le contraddizioni della comunità internazionale. I ripetuti appelli delle Nazioni Unite per un censimento vengono ignorati da Algeri, senza che ne risultino conseguenze tangibili. Tuttavia, questa inazione non fa altro che incoraggiare gli abusi e prolungare inutilmente la sofferenza delle popolazioni.
È giunto il momento che le istituzioni internazionali prendano una posizione ferma e chiedano un censimento immediato, nonché una gestione trasparente degli aiuti umanitari. Il mantenimento di questo status quo avvantaggia solo coloro che traggono profitto dalla miseria umana. La comunità internazionale deve scegliere tra l’inazione complice e l’impegno sincero per porre fine a questa tragedia.
Ma affinché questa visione diventi realtà, la comunità internazionale deve finalmente assumersi le proprie responsabilità e costringere Algeri a rispondere delle proprie azioni. È giunto il momento di porre fine a questa farsa e di dare voce a coloro che ne sono stati privati per troppo tempo.