L’omofobia è diventata, nel Sud del mondo, uno strumento di opposizione all’Occidente

L’omofobia è diventata, nel Sud del mondo, uno strumento di opposizione all’Occidente
L’omofobia è diventata, nel Sud del mondo, uno strumento di opposizione all’Occidente
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A Parigi, ma anche ad Amiens, Biarritz, Calais, Carcassonne, Laval, Lorient, Nîmes o Tarbes, l’edizione 2024 del Pride avrà un sapore speciale. Per coincidenza con il calendario, la parata del Pride March in queste città è infatti prevista per sabato 29 giugno, il giorno prima del primo turno delle elezioni legislative. Il voto preoccupa molte associazioni e attivisti LGBT+, che vedono, ad esempio, nell’attacco omofobico compiuto da quattro attivisti di estrema destra a Parigi il 9 giugno un presagio di cosa potrebbe significare una vittoria estrema della destra per la sicurezza dei trans e dei queer e le persone omosessuali.

Se la situazione francese riguardo ai diritti LGBT+ può sembrare preoccupante, il contesto internazionale non è meno allarmante. Su scala globale, la tendenza potrebbe addirittura essere verso una regressione: in una sintesi relativa all’anno 2023, Amnesty International evidenzia in particolare la proliferazione in Africa di leggi o progetti di legge volti a perseguitare i membri della comunità LGBT+.

Parteciperemmo a? contraccolpo su larga scala, questa reazione conservatrice spesso osservata dopo i progressi nei diritti delle minoranze? L’adozione da parte del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite nel 2011 di una risoluzione su “diritti umani, orientamento sessuale e identità di genere” sembra oggi molto lontana. “È certo che, a partire dagli anni 2010, la proliferazione delle leggi occidentali a favore dei matrimoni gay, le questioni sollevate da #metoo, ma anche la maggiore visibilità data alle persone trans hanno provocato reazioni negative in tutto il mondo”osserva Marie-Cécile Naves, direttrice dell’Osservatorio di genere e geopolitica dell’Istituto delle relazioni internazionali e strategiche.

Il politologo sottolinea in particolare il ruolo indiretto delle industrie dell’intrattenimento e della cultura pop, oggi globalizzate, in questo fenomeno di rifiuto: “Finché l’omosessualità e i diritti LGBT+ sono rimasti temi poco discussi al di fuori dei circoli degli attivisti, sono stati visti come questioni confinate all’Occidente. Ma con l’espansione e la diversificazione dei canali di diffusione delle culture femministe e LGBT+, queste questioni diventano più visibili e toccano tutte le sfere della socializzazione, al punto da essere percepite da alcuni attori come una minaccia culturale proveniente dall’Occidente. »

« Prospettiva anticoloniale »

Ne è un esempio il modo in cui, dal 2018, la Cina attacca regolarmente i cantanti K-pop sudcoreani ritenuti “effeminati” e portatori di valori occidentali non asiatici: la questione LGBT+ sembra oggi cristallizzare il risentimento nei confronti dell’Occidente. Al punto che il 16 maggio, a Dakar, nel corso di uno scambio dedicato alle relazioni tra Africa ed Europa, il primo ministro senegalese, Ousmane Sonko, ha avvertito il suo interlocutore – Jean-Luc Mélenchon –: “I tentativi esterni di imporci l’importazione di modi di vita e di pensiero contrari ai nostri valori rischiano di costituire un nuovo casus belli. » Nel mirino: le minoranze LGBT+, ampiamente considerate in Senegal come un “fenomeno” di depravazione nella società occidentale. Davanti ad un anfiteatro entusiasta e ad un ospite stupito, il capo del governo aggiunge poi che la difesa di queste minoranze può, più che le differenze politiche, alimentare una “sentimento antioccidentale in molte parti del mondo”.

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