“Lo zombie è una figura davvero attuale”

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Philippe Charlier, nell’ottobre 2019. MUSEO THIBAUT CHAPOTOT/QUAI BRANLY-JACQUES CHIRAC

Philippe Charlier, 47 anni, dirige il laboratorio di Antropologia, Archeologia, Biologia (LAAB), specializzato nei campi dell’antropologia forense, presso l’Università di Versailles-Saint-Quentin-en-Yvelines/Parigi-Saclay. È il curatore principale della mostra “Zombis. La morte non è una fine? », al Musée du quai Branly-Jacques-Chirac, che offre la triplice prospettiva di medicina, archeologia e antropologia di campo sulla storia e la pratica della zombificazione ad Haiti.

Leggi anche | Articolo riservato ai nostri abbonati Con la mostra “Zombis. La morte non è una fine? » al Musée du quai Branly, l’epopea dei morti viventi haitiani

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Questa mostra dimostra che gli zombie, che hanno ispirato tanti film e libri, esistono davvero. A quando risale questo fenomeno?

La prima occorrenza della parola zombi risale al 1687, nel libro francese Lo zombie del Grande Perùma la persona descritta come tale in questo libro è in realtà solo un mago. Si tratta di un’avvenimento semantico, ma non di una vera e propria occorrenza antropologica, della figura dello zombie come ne parliamo in questa mostra. Tutto porta a pensare che, a partire dal XIX secolo, cioè all’epoca dell’emancipazione dei primi schiavi, quelli che chiamiamo marroni, esistessero già gli zombie, ma siamo prudenti, perché non hanno testimonianze scritte. I casi più antichi di cui abbiamo testimonianze risalgono agli anni 1920-1930. La scrittrice e antropologa americana Zora Neale Hurston, come lo scrittore ed esploratore William Seabrook, li vide ad Haiti, li descrisse e li analizzò.

Questo fenomeno è specifico di Haiti, che si è trovata al crocevia di diverse influenze…

Sì, lo zombie appare alla convergenza di tre cose: le religioni dell’Africa sub-sahariana, la schiavitù transatlantica e le tradizioni e le conoscenze locali che i Taino, gli Arawak e i Caribi, che erano lì prima dell’arrivo degli europei, avrebbero trasmesso agli Gli schiavi marrone rossiccio, quindi, fuggivano dall’influenza degli occidentali, in particolare dai segreti dei veleni e delle piante.

Cos’è esattamente la zombificazione?

Nel senso stretto del termine antropologico, è l’atto di giudicare un individuo perché fa del male all’interno della società haitiana. La causa principale della zombificazione è la vendita di terreni che non ci appartengono. Di fronte a un furto, possiamo o citare un individuo davanti a un tribunale tradizionale, cosa che richiederà molto tempo, senza alcuna garanzia di successo, oppure ricorrere alla giustizia parallela, facendo appello a una società segreta specializzata in giustizia, i bizangos. Per sette volte di seguito, la persona verrà trascinata di notte in aperta campagna, nella foresta o in un tempio, e le verrà chiesto di spiegarsi, circondata da feticci. E se, per sette volte di seguito, non riuscirà a dimostrare la sua innocenza, sarà condannata a “una punizione peggiore della morte”.

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