È venuto dall’entroterra oscuro, è entrato nella luce. Affine cerca lavoro, come ogni sera. La luce sgargiante, satura di ghirlande e strass, è Monaco, è Natale, è tra i super ricchi. Nella casa di marmo bianco e vetro arrogante, c’è Julia.
Da preadolescente lasciata sola dai suoi genitori, è con Vesna, che deve prendersi cura di lei. Vesna e Faite, la giovane donna bionda e il ragazzo moro, hanno in comune il fatto di vivere delle minuscole briciole della torta che ne è oscenamente ricca e orgogliosa.
Cosa stanno facendo? Piccoli lavoretti, accompagnatore o accompagnatrice, chiamala prostituzione se ti rassicura, un po’ di saccheggio sicuramente. Sul mare si sta costruendo un prolungamento della grande città scintillante, le megamacchine non si fermano mai, come draghi. Una città artificiale per un lusso ancora maggiore, mangiata sul mare.
In lontananza c’è un’isola, è stata Julia a dirlo, a vederlo. Puoi anche andarci in elicottero. Parla della sua vita, che è fatta di molti dei sogni di Tandie. Vesna è più ragionevole, il che non impedisce anche a lei di sognare. Racconta di possibili altrove, di possibili domani. E questo è spaventoso.
È un racconto nella città satura di segni esteriori di ricchezza, un racconto che prende sul serio la realtà dei materiali, degli spazi, delle relazioni sociali, e che smentisce tutti i cliché fittizi che ne deriverebbero. In città gli orologi brillano, segnando le ore come un fatale conto alla rovescia, che non sarà solo quello della mezzanotte di Capodanno.
È un racconto ed è la fragile, effimera confluenza di diversi racconti. Quella che ogni personaggio porta con sé e che condivide con i suoi compagni in un tempo sospeso, che noi chiamiamo la tregua dei pasticceri. Ma anche la storia crudele raccontata dalla città stessa, dalle sue architetture, dalla sua illuminazione, dai suoi cantieri, dai suoi passaggi sotterranei.
E…
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