“Bushman” ovvero le tribolazioni di un giovane nigeriano nell’America anti-establishment, un nuovo film girato nel 1971

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Gabriel (Paul Eyam Nzie Okpokam) in “Bushman”, di David Schickele. FILM MALAVIDA

Nel cinema, la felicità a volte nasce dalla scoperta di un’opera nuova, chissà da dove, la cui intelligenza e abbagliante gioia. Vedere Boscimane (1971), finzione inquietante accanto al cinema diretto dell’americano David Schickele (1937-1999), è un viaggio nella tumultuosa America della fine degli anni Sessanta, tra la protesta contro la guerra in Vietnam e la lotta per i diritti civili, attraverso il occhi di un giovane nigeriano – il film restaurato è distribuito nelle sale da Malavida. Gabriel (Paul Eyam Nzie Okpokam) è venuto a insegnare letteratura nel campus di un’università di San Francisco, dopo essere fuggito dal suo paese natale nel mezzo della guerra civile.

Per un’ora e mezza, nella sua forma libera come John Cassavetes e le sue venature polverose in bianco e nero, Boscimane racconta le sue quattro verità alla grande potenza che sono gli Stati Uniti. Che si mostrano generosi e progressisti mentre permettono alla polizia di sedare rivolte studentesche, o di fomentare false accuse contro alcuni individui ritenuti indesiderabili – Paul, alias Gabriel, ne pagherà il prezzo, come vedremo più avanti. Anche un musicista, pacifista e autore di Dammi un indovinello (1966), con lo stesso attore, un film sui Peace Corps (dal nome di questo corpo di peacekeepers creato da John Kennedy nel 1961), David Schickele ha il dono di affidarsi ai cliché (razziali, sociali…) per produrre le immagini più inaspettate piani.

Scopriamo il giovane nigeriano ai margini di una autostrada dalla West Coast, che si muove a piedi nudi, con il suo paio di scarpe da ginnastica in equilibrio sulla testa, un’immagine potente di un mondo che cammina sulla testa. Siamo nel 1968: “Martin Luther King, Robert Kennedy e Bobby Hunter [l’un des premiers membres des Black Panthers, qui fut tué par la police], sono morti di recente», indica sobriamente una scatola. Gabriel fa l’autostop, a motociclista il bianco si ferma per prenderlo. Eppure questo gesto di ospitalità si tinge subito di un’arroganza disinibita, che oggi definiremmo razzismo ordinario, con l’autista che si affretta a chiedere al suo passeggero se le donne africane che girano a seno nudo nel suo cespuglio non ti fanno impazzire. O chiedersi cosa potrà insegnare il professore nigeriano al pubblico americano…

Raggiunto la realtà

Gabriel ha poche illusioni e sa che un giorno se ne andrà ” questo paese “ per trovare il proprio, il film che diffonde alcuni flashback sul villaggio nigeriano. L’unica persona che potrebbe trattenerlo è la sua ragazza Alma (Elaine Featherstone), “un po’ meno nero” ma solare e pessimista come lui.

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