Jules Bianchi, un ricordo vivido come il dolore

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Già dieci anni. Con quanta rapidità hanno attraversato il mondo sempre in fermento della Formula 1. Per quanto tempo devono essere sembrati a tutti vicini a Jules Bianchi, ai suoi genitori, alla sua famiglia. È soprattutto a loro che pensiamo oggi, in un momento del ricordo che, qualunque siano le sue virtù, è un dovere.

Questo primo fine settimana di ottobre 2014 ha segnato tutti coloro che lo hanno vissuto. Surreale, controverso e drammatico.

Surreale perché è iniziato con un terremoto sportivo quando Sebastian Vettel ha annunciato di lasciare la Red Bull per la Ferrari e Fernando Alonso ha voltato le spalle alla Scuderia per avvicinarsi alla McLaren.

Controverso perché la Red Bull aveva deciso, non senza scatenare un grande dibattito, di lanciare dei test gratuiti al volante di una Toro Rosso nel profondo di un pilota che aveva appena festeggiato il suo 17esimo compleanno. Un certo Max Verstappen…

Drammatico, infine, perché il tifone annunciato mercoledì nella regione di Suzuka porterebbe a circostanze di gara dantesche e, infine, all’incidente che costerebbe la vita a Jules Bianchi.

Aveva 25 anni e, come si dice ingenuamente, aveva la vita davanti. Designato come il pilota francese che una nuova generazione aspettava, fu guardato diversamente: prima perché era coperto dalla Ferrari, poi e soprattutto perché il suo talento aveva già colpito gli animi della gente.

Qualche mese prima c’era stato questo sorpasso muscoloso di Kamui Kobayashi, che probabilmente non avrebbe lasciato senza reazione i commissari di oggi! E così aveva portato la sua modestissima Marussia in zona punti, al nono posto nel Gran Premio di Monaco. Un’impresa autentica, senza abusare del termine come a volte troppo comune nello sport moderno.

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Punti a Monaco con la Marussia: una vera impresa.

Foto di: Sutton Images

Un anno e mezzo prima, il nizzardo aveva conquistato un posto in Formula 1 quando pensava che la sua occasione fosse passata, dopo essere stato superato alla Force India da Adrian Sutil nel 2013.

La perversità della storia avrebbe visto il tedesco assistere in prima persona alla tragedia di Suzuka del 5 ottobre 2014. Uscito dalla pista sotto la pioggia al volante della sua Sauber, la scuderia alla quale Jules Bianchi stava per approdare, si trovava dietro la sponda di sicurezza quando è intervenuta l’autogru sotto la quale il francese sarebbe stato sepolto pochi istanti dopo.

Pronto soccorso, ansia e attese insopportabili. Una tragedia per tutti, mentre la Formula 1 e tutto il suo ambiente credevano forse, a torto, di aver finito con lo spettro della morte di Ayrton Senna vent’anni prima. Immerso in coma, Jules Bianchi non si è svegliato fino alla sua morte, avvenuta il 17 luglio 2015, un mese prima del suo 26esimo compleanno. Nessuno sarebbe potuto sopravvivere a un colpo alla testa misurato a 254 G.

Affermare senza ombra di dubbio che Jules Bianchi prima o poi sarebbe subentrato alla Ferrari, e che un giorno sarebbe stato incoronato campione del mondo, è soggettivamente facile e sarebbe quasi un insulto nei suoi confronti. E affermare anche il contrario. D’altronde una cosa è certa: Charles Leclerc, di cui è stato il padrino sportivo, mantiene viva la storia.

C’era Jules Bianchi lo sportivo, brillante per tutta la sua carriera fino all’ingresso in Formula 1, professionale e coscienzioso con una continua voglia di correggere le sue debolezze, notevole al volante per la maestria che sembrava trasudare mentre guidava una delle peggiori vetture in griglia.

C’era Jules Bianchi, quell’uomo ricordato ancora oggi per la sua gentilezza unita ad uno spiccato senso dell’umorismo, due tratti caratteriali che non sminuirono la sua ferrea determinazione.

Le lacrime scorrevano quando era il momento di scrivere “Ciao Jules” ; gli occhi arrossati quando Sebastian Vettel gli rese un memorabile omaggio, in francese nel testo, vincendo al volante di una Ferrari pochi giorni dopo la sua morte; la rabbia salì ad accompagnare quella di un padre che andava a caccia della verità senza mai ottenerla veramente.

Per tutto ciò che ci ha lasciato e che ancora oggi ci ispira, per tutto ciò che gli deve la sicurezza dei suoi successori, Forza Jules!

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Jules Bianchi, 1989-2015.

Foto di: Sutton Images

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