Le Lac Bleu di Daoud Oulad Syad, un inno al deserto e alla ricerca interiore

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Il Festival Internazionale del Cinema di Marrakech (FIFM) è attualmente in pieno svolgimento e attira appassionati di cinema, registi e professionisti dell’industria cinematografica. Tra gli highlights di questa 21esima edizione, la proiezione dell’ultimo capolavoro di Daoud Oulad Syad, Il Lago Bluun’opera coinvolgente girata nelle vaste distese desertiche del Marocco.

©Mounir Mehimdate

Questo film, presentato martedì pomeriggio nella sezione Panorama del cinema marocchino, racconta la toccante storia di Youssef, un orfano cieco di 12 anni, e di suo nonno Allal, interpretato da Mohamed Khouyi. Insieme, si imbarcano in un’avventura quasi mistica attraverso il deserto, alla ricerca di una leggendaria pozza conosciuta come il Lago Blu.

Durante la presentazione del suo film al Palais des Congrès di Marrakech, Daoud Oulad Syad ha rivelato l’origine unica di questa storia: “ Ho incontrato degli svizzeri non vedenti venuti a fare trekking nel deserto marocchino, vicino al lago Iriqui. Tra loro c’era un fotografo. Ho trovato questa idea affascinante. Come può un cieco catturare la bellezza del mondo attraverso una lente? È qui che lo scenario ha preso forma ».

©Mounir Mehimdate

Il regista marocchino ha anche condiviso le sfide incontrate, in particolare la scelta del bambino che interpreta Youssef: “ Volevo un attore veramente cieco, non un bambino normodotato che interpretasse questo ruolo. Trovare questo attore è stato difficile, ma il risultato è degno ».

Una storia poetica nel cuore del deserto marocchino

Il Lago Blu è un inno alla contemplazione, dove la cruda bellezza del deserto diventa un personaggio a sé stante. Le dune dorate, i cieli incontaminati e l’orizzonte infinito invitano lo spettatore a perdersi in un viaggio interiore.

Il film esplora temi universali come la resilienza, la trasmissione intergenerazionale e la ricerca di sé. Per Youssef il viaggio con il nonno va oltre una semplice avventura. È un rito di iniziazione. La macchina fotografica, dono inaspettato, diventa il suo mezzo per comprendere un mondo che non vede ma che sente profondamente.

©Mounir Mehimdate

Sotto la direzione fotografica di Ali Benjelloun, Il Lago Blu affascina con le sue inquadrature pittoricamente precise. Ogni immagine sembra tratta da un dipinto, sublimando i paesaggi desertici. Il sound design, di Sarah Kaddouri, amplifica questa immersione catturando il soffio del vento, lo scricchiolio dei passi sulla sabbia e i mormorii del deserto.

Prodotto da Cécile Oulad Syad e Abdessalam El Miftahi, il film testimonia il perfezionismo del suo regista, che ha dedicato quattro anni a questo ambizioso progetto.

Fisico esperto, fotografo riconosciuto e regista acclamato, Daoud Oulad Syad si è affermato come una figura essenziale nel cinema marocchino. Dal suo primo lungometraggio, Bye Bye Souirty (1998), premiato al Festival di Montpellier, ha ottenuto una serie di successi con opere degne di nota come Retour du vent (2002), Bab al-Bahr (2003) e En attendant Pasolini (2007). Con La Marja Bleue conferma ancora una volta la sua passione per le storie ancorate a vaste distese desertiche, dove l’intimo si mescola al sublime.

©Mounir Mehimdate

In Il Lago BluLa cecità di Youssef va oltre un semplice handicap: diventa metafora dell’introspezione. Il ragazzino, interpretato con notevole sensibilità da Youssef Kdair, dimostra che la visione non risiede negli occhi ma nel cuore. Attraverso il deserto impara che l’essenziale è invisibile agli occhi, una lezione universale portata con rara profondità.

Con Il Lago BluDaoud Oulad Syad offre molto più di un film: un’esperienza sensoriale e spirituale. Questo viaggio nell’immensità del deserto ci ricorda che, a volte, è nell’isolamento più totale che troviamo le verità più essenziali.

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