“Demone”: Angelica Lidell piromane del Palazzo dei Papi

“Demone”: Angelica Lidell piromane del Palazzo dei Papi
“Demone”: Angelica Lidell piromane del Palazzo dei Papi
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All’apertura del Festival di Avignone, nell’immenso cortile del Palazzo dei Papi, la sensuale spagnola Angélica Lidell invita gli spettatori a una maestosa cerimonia mistica in onore dei funerali del regista svedese Ingmar Bergman. Un gesto d’amore teologale che coinvolge l’offerta sessuale e scatologica di cui è specializzata, per risvegliare i morti.

Sono Ingmar Bergman

©Christophe Raynaud de Lage / Festival di Avignone

Angélica Lidell torna al Festival di Avignone. Colei che è stata nominata Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere nel 2017 ha già presentato più di nove spettacoli al Festival di Avignone, in cui esprime la sua sofferenza e i suoi terrori in risposta alla violenza nel mondo. Oggi ad ispirarla è il grande cineasta Ingmar Bergman, con il quale condivide le stesse angosce esistenziali: la solitudine, la paura della morte, il peso del peccato religioso, il rapporto con la madre, l’amore distruttivo. È stato apprendendo il modo in cui il regista ha organizzato il suo funerale, ordinando una bara identica a quella di Papa Giovanni Paolo II, che Angelica ha deciso di realizzare il suo spettacolo. Ed ecco il Cortile d’Onore trasformato in chiesa, la cui alta sacerdotessa, Angélica, esorta i Parrocchiani, noi stessi, gli spettatori, a pregare per la salvezza dell’anima di Bergman e la nostra salvezza collettiva. Tuttavia, la chiesa teatrale dell’artista spagnolo si colora di un plateau rosso sangue, delimitato su ogni lato da una fila di sedie a rotelle. Di fronte a noi, ai piedi della sontuosa facciata gotica del palazzo pontificio, un orinatoio, una toilette e un bidet, disposti su una linea di perfetta simmetria, che ci ricordano che il mondo di sotto, quello degli escrementi e dei clisteri, quello dell’onanismo e impulsi, è totalmente legato al mondo spirituale, secondo Angelica e Ingmar.

Scatologia dell’anima

©Christophe Raynaud de Lage / Festival di Avignone

Ci saranno quindi dei fantasmi in questo spettacolo totale, quelli del funerale di Bergman che verranno a salutarci per l’ultima volta, circondando come un coro Angélica, la padrona di cerimonie definitiva. Prima di tutto appare un papa, forse Pio XII, che trotterella sul palco misurando la toilette. Le finestre del Palazzo Pontificio si illuminano e le antiche vetrate raffigurano ombre umane. Lo spazio è amplificato, il sacro si mescola con l’insolito, la musica techno dispiega bassi potenti che risveglierebbero i morti, tre giovani comunicanti in abiti bianchi pregano saggiamente dietro una finestra, e un attore nano, alla testa di un Joker, naso rosso e orbite annerite, ci fissa per un lungo istante. È il silenzio che precede la tempesta: Angélica Lidell, in vestaglia di cotone bianco aperta sul corpo nudo, i piedi calzati con cura come una scolaretta, capovolge il corpo e si gira, offrendoci il suo sedere spalancato che lava accuratamente con abbondante d’acqua utilizzando una bacinella metallica. Superato questo preambolo, il suo corpo lavato e purificato, si lancia in una violenta indignazione contro i critici teatrali, colpevoli secondo loro di vanità distruttiva e mortale. Questa lettura di estratti di giornali e siti, che utilizza insultando pesantemente gli autori, crea un certo disagio ma soprattutto sdrammatizza ogni giudizio sul suo lavoro. C’è chi lavora e crea, e chi critica dalla propria scrivania. Questi ultimi quindi non hanno alcuna legittimità.

Cattedrale di Bergman

©Christophe Raynaud de Lage / Festival di Avignone

Dopo aver disinnescato e regolato violentemente i conti con la critica, come aveva fatto a suo tempo Ingmar Bergman afferrandone uno per il bavero, Lidell segue il percorso del suo autore preferito che, secondo i suoi Quaderni, aveva lottato fin dall’infanzia con terribili episodi di depressione, in bilico tra l’immagine di un Dio terrificante e quella di un Dio amorevole. Lunghi passaggi dei Quaderni trattano della preghiera e della grazia, passaggi che Angelica riprende senza il suo spettacolo. Per l’occasione riunisce sul palco attori del Dramaten, il teatro reale svedese, che si mescolano ad attori francesi. L’immagine appare allora suggestiva, fatta di contrasto tra la vecchia generazione di attrici e attori, capelli bianchi e corpi a volte rovinati, che finiranno su sedie a rotelle, spinti dai giovani attori tutti in nero, con il naso rosso, che di tanto in tanto spogliarsi per mostrare i propri genitali. Compaiono anche attrici giovanissime, bionde e di una bellezza paradisiaca, che si spogliano anch’esse per adescare i vecchi. La paura della morte e il terrore della decrepitezza, ossessioni dello spagnolo, sono illustrati da un’abile circolazione di sedie a rotelle e barelle, sulle quali la star finisce per fallire, dopo una folle corsa, precipitata tra la vita e la morte. L’ultimo sguardo, accompagnato da una cantata di Bach a tutto volume, sarà per il pubblico, in comunione perpetua, durante una cerimonia che cerca disperatamente di combattere il demone della vanità. Alla fine sembra essere lui a vincere.

Helene Kuttner

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