Recensione della mostra: perché è assolutamente necessario scoprire il fotografo Yasuhiro Ishimoto?

Recensione della mostra: perché è assolutamente necessario scoprire il fotografo Yasuhiro Ishimoto?
Recensione della mostra: perché è assolutamente necessario scoprire il fotografo Yasuhiro Ishimoto?
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“Yasuhiro Ishimoto: linee e corpi”

Dal 19 giugno al 17 novembre 2024 al BAL, a cura di Diane Dufour con Mei Asakura

LE BAL presenta una figura straordinaria nella storia della fotografia giapponese poco conosciuta in Francia: Yasuhiro Ishimoto. Per la prima volta in Europa, la mostra, organizzata in stretta collaborazione con l’Ishimoto Yasuhiro Photo Center presso il Museum of Art di Kochi in Giappone, riunirà 170 stampe vintage. La mostra si concentrerà sui primi decenni del lavoro di Ishimoto, tra Chicago e il Giappone.

. Yasuhiro Ishimoto, Tokyo, Città, 1953-1958
– © Prefettura di Kochi, Centro fotografico Ishimoto Yasuhiro
Yasuhiro Ishimoto, Passi di neve, 1994
– © Prefettura di Kochi, Centro fotografico Ishimoto Yasuhiro

Opinione della critica:

  • Antonio Leiris è stato sottomesso: “È una mostra meravigliosa, è magnifica!” Lui ha “una vera rivelazione” di fronte al lavoro del fotografo poco conosciuto: “Sapevo poco delle sue fotografie, e il modo in cui il BAL presenta il suo lavoro è magnifico, vediamo il momento in cui nasce lo sguardo con i suoi primi lavori”. Rimase particolarmente colpito da un aspetto delle sue stampe: “ha questa scienza dell’architettura, questa strutturazione dell’immagine”. Senza alcuna riserva, il nostro recensore è rimasto affascinato: “è un momento unico quello che ho trascorso al BAL”.
  • Giuseppe Ghosn è anche ditirambico: “Sono andato a vedere questa mostra due volte, è una bellissima scoperta.” Su cosa si basa la mostra? “È incentrato su questa idea di guardare il mondo attraverso la sua geometria e su questa capacità di trovare sempre l’umano”. Le foto riprendono vari soggetti: “si va dalle foto di architettura ai dettagli di corpi, paesaggi, c’è tanto cemento”. Alla fine, è rimasto toccato dalla bellezza dell’intera mostra e dai dettagli di ciascuna fotografia: “In ogni foto succedono cose di ogni genere.”

“Stephen Shore: veicolare e vernacolare”

Dal 1 giugno al 15 settembre alla Fondazione Henri Cartier Bresson, a cura di Clément Chéroux

Stephen Shore appartiene a questa generazione di artisti per i quali l’esperienza del viaggio era essenziale. Molte delle sue fotografie sono state scattate da un’auto, o almeno evocano lo spazio nordamericano così come può essere osservato da un veicolo in movimento. Ha anche fotografato molto dai finestrini dei treni, dai finestrini degli aerei e, più recentemente, utilizzando i droni. Per più di mezzo secolo ha sviluppato quella che potrebbe essere definita la fotografia veicolare. Il mondo si muove, cambia continuamente. Anche colui che cerca di fissarlo attraverso il suo gesto fotografico è eminentemente mobile.

US 89, Arizona, giugno 1972, dalla serie American Surfaces 1972-73
– ©Stephen Shore. Per gentile concessione della 303 Gallery, New York e Sprüth Magers
Second Street, Ashland, Wisconsin, 9 luglio 1973, dalla serie Uncommon Places, 1973-1986
– ©Stephen Shore. Per gentile concessione della 303 Gallery, New York e Sprüth Magers

Opinione della critica:

  • Antonio Leiris Nota : “è uno che guarda un paese che non conosce, è quasi uno straniero nel suo paese”. Come si caratterizza la composizione delle sue fotografie? “Ci sono sempre dei pannelli che costruiscono l’immagine, lui costruisce attorno a piccoli punti di dettaglio”. Ha trovato interessante il suo lavoro sulle strade: “Sono stato felice di scoprire la sua serie su Los Angeles”.
  • Giuseppe Ghosn non è rimasto sorpreso da questa mostra, ma: “Sono rimasto molto commosso nel rivedere queste immagini e questo viaggio, e nel vedere che non si è fermato lì, ha continuato.” Allora da cosa era attratto il suo sguardo? “Vediamo tutti i suoi lavori recenti realizzati utilizzando i droni”. Egli sottolinea: “il suo lavoro sull’America e sui personaggi americani ha modellato la nostra visione dell’immaginario americano e della cultura pop americana.”

Clip audio:

  • Canzone Chicago di The Bitter End Singers
  • Canzone Sei giorni in viaggio di Dave Dudley

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