Meno di un anno dopo la brutta situazione che l'ha portata a chiedere aiuto alle sue banche, il marchio GiFi si ritrova di nuovo in una situazione finanziaria tesa. Il suo fondatore, Philippe Ginestet, 70 anni, ha deciso di mettere in vendita a prezzi bassi lo specialista in attrezzature per la casa e la famiglia, come hanno rivelato giovedì 14 novembre i media L'informato.
Secondo le nostre informazioni, la banca Lazard, incaricata da GiFi, attende offerte, per il momento non vincolanti, da parte dei candidati entro lunedì 18 novembre. Una manciata di acquirenti, tutti distributori, stanno studiando il dossier. Si fanno i nomi di Carrefour, oppure del gruppo Zouari, proprietario di Stokomani e Maxi Bazar. Carrefour non ha voluto commentare, mentre giovedì non è stato possibile raggiungere il gruppo familiare.
L’obiettivo è agire rapidamente, come vogliono i creditori. A questi ultimi è stato infatti nuovamente chiesto di concedere un prestito ponte. A maggio, dopo una trattativa condotta sotto la guida del Comitato interministeriale per la ristrutturazione industriale (CIRI), Crédit Agricole e altri BNP Paribas avevano già concesso un prestito di 100 milioni di euro a GPG, la holding della famiglia Ginestet, società madre di GiFi , che ha poi concesso un anticipo in conto corrente al marchio.
6.500 dipendenti
Questo prestito era stato impegnato su beni immobili, essendo GPG proprietaria dei negozi GiFi e di altri magazzini, ma anche dei locali di altri marchi come Boulanger. Sono in corso trattative con le banche affinché possano istituire nuovi finanziamenti di questo tipo. Ma per questo è necessario che il processo di trasferimento sia in fase avanzata. Il CIRI segue attentamente la questione, particolarmente preoccupato per i rischi di disgregazione sociale per un marchio che impiega 6.500 dipendenti, metà dei quali nella culla del sud-ovest. Lo Stato potrebbe essere richiesto anche sotto forma di differimento dei debiti sociali e fiscali.
Durante la prima richiesta di aiuto, GiFi ha evidenziato gli ostacoli legati a una migrazione IT nel 2023, che aveva interrotto le operazioni. Anche se nel 2024 si prevede un fatturato in aumento rispetto a quello dell’anno precedente (1,3 miliardi di euro), la ripresa non è stata così netta come sperato.
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Le casse non sono abbastanza piene perché GiFi possa ricostituire le proprie scorte all'inizio dell'anno, periodo in cui gli esborsi sono elevati. Il marchio ha, infatti, la particolarità di avere gran parte dei prodotti che mette sui suoi scaffali fabbricati in fabbriche in Asia. Ciò gli permette di controllare il capitolato dall'inizio alla fine, ma lo costringe a pagare somme ingenti diversi mesi prima che candele, ghirlande o sedie a sdraio arrivino ai suoi 600 punti vendita. Altri discount preferiscono approvvigionarsi da subappaltatori o grossisti europei specializzati nello sdoganamento e pertanto non supportano il finanziamento delle scorte.
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