UMORE – Il 2 febbraio Martin Adjari diventerà presidente di questa “Autorità di regolamentazione”, sul quale ci stiamo ancora interrogando.
I francesi adorano creare farmacie. Nel settore della radiodiffusione pubblica bisogna risalire al 1972: la nascita del Consiglio Alto dell’Audiovisivo, un “ente consultivo” (e poco consultato) dell’ORTF divenuto, negli anni, con nomi altisonanti, “Alta Autorità ”, “Commissione nazionale per la comunicazione e le libertà”, “Consiglio superiore dell’audiovisivo” poi, per tre anni, ARCOM, acronimo troppo lungo da spiegare in questa sede. Cambi di nomi per la stessa sterile burocrazia.
Le missioni? “Polizia dell’audiovisivo”, comitato di censura, ufficio di “rapporti” (in buon francese: “denunce”, altra passione nazionale). I consiglieri sono nominati dal governo. L’indipendenza è un ideale. Tutti tengono il pizzetto.
Vanità francese
Nel 2022 ARCOM dispone di un budget di 46,6 milioni di euro e impiega 355 persone. L’organigramma, molto dispersivo, pieno di “direttori”, “direttori di gabinetto”, “vicedirettori”, “vicedirettori generali”, e ogni sorta di cappelli piumati, può essere visto sul sito web dell’istituzione, Arcom.frcapolavoro della vanità francese.
Il 2 febbraio, Martin Adjari, proposto dall’Eliseo, approvato debolmente dal Parlamento (47 favorevoli, 36 contrari), succede a Roch-Olivier Maistre alla presidenza di questa “cosa”. Gli auguriamo il meglio e, prima di tutto, di scoprire l’interesse di questa “Autorità di regolamentazione”, che sembra uscita da Jean Yanne, Jacques Tati o Courteline.