Basato su un’idea originale – sostituire Robbie Williams con una scimmia per rappresentare il proprio odio per se stesso – il noioso Michael Gracey fallisce quasi completamente il suo Film biografico sulla superstar del pop britannico, e ci offre Uomo migliore due ore e un quarto di puro calvario.
Non so voi, ma i film biografici mi stancano. E quelle dei musicisti ancor più degli altri. E le cose non miglioreranno, dato che sembra che produttori e finanziatori considerino il genere come uno dei modi migliori per attirare gli spettatori nelle sale, puntando sulla fedeltà dei fan delle “pop star” o delle “rock star”, o “ stelle dell’hip hop”, ecc. Dopo i pietosi (e bugiardi) film biografici su BobMarley o su Amy Winehouse l’anno scorso, il 2025 è iniziato alla grande con, a una settimana di distanza, un film su Robbie Williams (ce Uomo migliore), che è stato accolto molto bene – logicamente – nel Regno Unito, ed era molto atteso Un completo sconosciuto SU Dylan. Ma, anche per chi, come me, trova che la musica di Robbie Williams è totalmente privo di interesse, c’è dentro Uomo migliore una vera e propria IDEA di cinema, che lo rende relativamente essenziale per chi ama i “concetti”, ed è curioso di vedere come metterli al servizio di una storia concordata a priori: dopo la vita di Pharrell Williams raccontato in Lego (era un concetto completamente gratuito, che non funzionava), ecco un film biografico in cui Robbie Williams è rappresentato come una… scimmia! Beh, non una vera scimmia, che avrebbe avuto un certo fascino, ma, grazie ai progressi degli effetti speciali digitali, una scimmia CGI…
Questa idea della scimmia, che cambia la nostra prospettiva, e ci permette – almeno per un bel po’ – di digerire la consueta successione di stereotipi del biopic musicale (infanzia difficile, successo folgorante con Prendi quellodifficile passaggio al solista, discesa agli inferi, poi redenzione e riconciliazione generale), non è gratuito: è venuto in mente a Michael Gracey e i suoi sceneggiatori per illustrare il modo autoironico e masochista in cui Robbie Williams si considera una sorta di “subumano”. È quindi forte simbolicamente, soprattutto perché è duplicato in versioni odiose e aggressive di Robbie, che lo giudicano – negativamente – costantemente, quando si esibisce in pubblico. Si noti che è l’attore Jonno Davis chi interpreta “fisicamente” Williams“ridisegnata” come una scimmia, ma la voce è quella dello stesso Robbie, il che conferma il totale coinvolgimento del cantante nel progetto. Un progetto che può quindi essere visto come un lavoro di terapia, e come un messaggio intimo alla madre e soprattutto al padre, il suo “modello” da cui ha lottato per ottenere riconoscimento e amore. .
Devi ammetterlo, anche quando non ti piace la tua “musica”, questo Robbie Williams ha avuto un viaggio affascinante: l’adolescente dell’atroce Boys Band che era Prendi quello divenne gradualmente l’incarnazione del cattivo ragazzo “inglese” (di cui era anche amico Liam Gallagherè tutto dire!), un artista che ha destreggiato i suoi demoni davanti a tutto il Regno Unito esibendosi in monumentali successi “pop”, fino a suonare a Knebworth davanti a 150.000 persone. Sfortunatamente, cosa Uomo migliore quello che ci offre, una volta assorbita la bella idea della scimmia, è solo un racconto lineare, accademico e in definitiva superficiale, che riduce una traiettoria complessa a una storia di successo, raccontata a duecento miglia orarie, e scandita da alcuni obbligati passaggi sulla fama e i suoi inconvenienti (gli amici che abbandoniamo lungo la strada, l’amore che trascuriamo, le droghe che ci aiutano ad andare avanti, ecc.). Le scene che dovrebbero esplorare i momenti più bui della sua carriera – difficoltà nel trovare la propria voce, musicalmente, dipendenza, solitudine della star, pressioni mediatiche – mancano crudelmente di intensità emotiva, Michael Gracey preferendo giocare la carta degli eccessi visivi e sonori.
Perché il grosso, grosso problema del film, che lo rende quasi inguardabile, o comunque estremamente doloroso, è la messa in scena Michael Gracey : noto per la sua passione per gli effetti appariscenti (viene dagli effetti speciali), che gli aveva già rovinato Il più grande showmanqui consegna un film che probabilmente spaventerà persino Baz Luhrmann (e non pensavo che sarebbe stato possibile scrivere questo un giorno…)! La sua produzione eccessivamente manierata, al limite del kitsch, l’uso di transizioni visive sgargianti, le sue sequenze musicali sovraccariche di effetti digitali, esauriscono rapidamente lo spettatore invece di divertirlo.
L’onestà mi obbliga a segnalare UN passaggio del film, meraviglioso, magico, che mi sento di consigliare a tutti perché è così emozionante, e dimostra quanto il progetto di Uomo migliore aveva del potenziale: è una scena lunga, mascherata da un unico piano sequenza, che ci porta attraverso diverse epoche dell’ascesa commerciale di Prendi quellocon centinaia di ballerini che si fanno strada lungo Regent Street, mentre Robbie e i suoi “compagni” volteggiano e passano da uno sguardo all’altro. Ritroviamo in questi pochi minuti di vero cinema tutto l’eredità della grande commedia musicale hollywoodiana degli anni ’30 e ’40, con il surplus creativo e visivo offerto dall’evoluzione degli effetti speciali. All’estremo opposto, cioè dove “l’eccesso uccide il concetto”, c’è questa scena – brillante all’inizio, ma ben presto insopportabile – del concerto di Knebworth che si trasforma in una battaglia campale (iperviolenta e sanguinosa ) tra scimmie, che sembra uscito da una versione cinese a buon mercato delle guerre contro gli orchi Il Signore degli Anelli !
Ma la cosa peggiore in definitiva non sta nel “mal di testa” che ci scatena l’estenuante isteria della produzione, ma nel pietoso finale della riconciliazione generale, in particolare con questa scena incredibilmente stupida (eppure reale). ) che vede Robbie e suo padre cantare una versione “Las Vegas”. A modo mioin omaggio a Frank Sinatrail cui amore suscitò il desiderio di fama sia nel padre che nel figlio. Tutto ciò è terribilmente superficiale, persino stupido.
Uomo migliorenonostante i suoi punti di forza, o forse proprio a causa di essi e della sua incapacità di trasformarli in un buon film, è un’amara delusione.
Eric Debarnot