“Per la libertà sono pronto a incatenarmi”

“Per la libertà sono pronto a incatenarmi”
“Per la libertà sono pronto a incatenarmi”
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[Oliviero Toscani est décédé le 13 janvier 2025, à 82 ans. Stratégies a recueilli l’un de ses derniers témoignages.]

Al telefono la voce sembra lontana, poi diventa sempre più presente. Il francese è perfetto, a volte castigato, a volte slang, sempre con quella scansione da montagne russe tipica degli italiani. In questo pomeriggio di ottobre immaginiamo Oliviero Toscani nella sua casa ocra a Casale Marittimo, borgo medievale non lontano da Pisa, su questa costa etrusca piena di cipressi e luce dorata. Avevamo suggerito di andarci, per parlare faccia a faccia con il fotografo star, lo stesso che ha plasmato la pubblicità degli anni ’80 e ’90, con le sue campagne scioccanti – in particolare – per Benetton. Il colloquio verrà svolto a distanza.

Oliviero Toscani, 82 anni, è malato. L’informazione è apparsa nel Corriere della Sera alla fine di agosto. Alla domanda, “How are you, Oliviero Toscani?”risponde senza falsa modestia: “Ho una malattia incurabile, l’amiloidosi. Blocca gradualmente il mio corpo. È passato un anno, non mi sono mosso bene…” In un anno il focoso Toscani avrebbe perso diverse decine di chili. Mentre parliamo con lui, il fotografo si prepara comunque a partire per Zurigo. Il Museum für Gestaltung, dedicato al design e alla comunicazione, gli dedica una grande retrospettiva, prorogata fino al 5 gennaio 2025 per il suo successo. L’occasione di riscoprire e soprattutto di scoprire, per i più giovani tra noi – che, per alcuni, non hanno nemmeno la minima idea di cosa rappresenti il ​​marchio Benetton – quello che sembrerebbe quasi un mondo sommerso: un universo di audacia e provocazione, impensabile nella nostra epoca vissuta nel terrore del brutto brusio.

Coincidenza del destino: è proprio a Zurigo che Toscani trascorre, per sua stessa ammissione, “alcuni degli anni più formativi di [sa] vie». Lì frequenta i corsi della Kunstgewerbeschule, una scuola d’arte: il padre Fedele, il primo fotoreporter del Corriere della Seralo aveva spinto a registrarsi. “Ho iniziato a fare reportage, ma negli anni ’60 ho capito che il fotoreportage, Partita di Parigi, ora, ecc., stava morendo”dice Oliviero Toscani. In quegli anni si dedica alla street photography a New York e si unisce alla leggendaria Factory di Andy Warhol. Ha lavorato fianco a fianco con Lou Reed e Mick Jagger, entrambi fotografati, tra gli altri bella gente di quegli anni. “All’inizio degli anni ’60 viaggiavo molto. Appartengo a questa generazione, a questa gioventù, che ha vissuto costantemente nella speranza. Sono nato nel 1942. A 20 anni avevo finito la scuola, vivevo a Parigi, a New York… Ero molto artistico. Ho cominciato a vivere così, come un vagabondo”ricorda, con il suo tono tragicomico. In quel momento, dall’altra parte della cornetta, il loquace Toscani cerca le parole: “Fin da piccolo sono stato “fortunato”, come si dice in francese?” Fortunato, diciamo fortunato. “Fortunato”, l’aggettivo verrà spesso in bocca al fotografo, come un “ritornello”, come si dice in italiano.

Da Bellucci a Benetton

Fortunato, Oliviero è anche in Francia. Dopo New York, ecco Parigi, la moda e le copertine Elle. Sarà lui lo scopritore del più francese degli italiani. “Tutti mi parlano di Benetton, ma ne ho fatto anche diverse cover Elle. Soprattutto con Monica Bellucci: sono stata io a portarla a Parigi!” Arriva un incontro fondamentale e l’amicizia di una vita: “Ero già conosciuto, avevo fatto diverse campagne per Esprit… Elio Fiorucci, il boss di Fiorucci [marque de prêt-à-porter]per il quale avevo realizzato tutti i manifesti, raccontò Luciano [Benetton] : dovresti lavorare con Oliviero. Gli ho detto: ok, ma non voglio che ci sia un reparto marketing tra noi. Vivevo con Luciano, a Treviso. Eravamo entrambi coinquilini, ci siamo divertiti tantissimo…” Nel 1984 escono le famose campagne “United Colors of Benetton” con un cast volutamente multiculturale – oggi diremmo “inclusivo”.

«Allora dissi a Benetton: pensi che i giovani siano più interessati ai maglioni o all’Aids? Da lì, abbiamo iniziato a lavorare su argomenti più interessanti delle modelle glamour”. Per usare un eufemismo… Il periodo di punta di Benetton coltiva diverse prospettive sulla differenza. Sempre militanti, a volte inquietanti: un prete che abusa di una suora, un neonato coperto di sangue, il cordone ombelicale grondante di plasma, i condannati a morte, un malato di AIDS simile a Cristo sul letto di morte, vulve e peni in pieno frontale… Con queste campagne per grandi cause – oggi parleremmo di “scopo” -, sempre controverse, Oliviero Toscani conquista il titolo di provocatore capo del mondo. “Oggi la provocazione non ci piace più ma per me provocatoria è un complimento! Possiamo provocare tante cose, possiamo anche provocare la pace…!”

HA Strategieavendolo intervistato più volte, lo sappiamo bene. Toscani è sempre stato provocatorio, anche e soprattutto quando parlava del mondo della pubblicità e del marketing. Nel 1995 pubblicò un’opera dal titolo terribilmente grafico e privo di qualsiasi ambiguità: “Il Pub è una carogna che ti sorride”. “Il modello pubblicitario è fallito”, diceva nel 2018 sulle nostre pagine. Su questo punto l’irruente italiano non ha perso la sua ferocia. Alla fine del verso la voce diventa più energica. Tempestoso, quasi: “Per me, il mondo della pubblicità è un mucchio di completi idioti… Trovo che quel mondo sia triste. Dovrebbe essere un luogo vitale, creativo… ed è esattamente il contrario. Già, secondo me, un direttore creativo non ha senso. Non esiste qualcosa come dirigere la propria creatività o quella degli altri. Anche il buon Dio non ha diretto la creazione del mondo: ha fatto tutto da solo!” Anche la professione creativa è una sciocchezza? “Quando diciamo di cercare idee, significa che non abbiamo idee… Le idee devono essere una cosa naturale, dobbiamo costantemente analizzare la vita, il mondo, e pensarci. .. Le idee non vengono guardando i social media.”

Anti-social media

“Provoc” un giorno, “provoc” sempre… Come potete intuire, Toscani serve a suo piacimento questo tipo di cortesia anche sui social network: “Scegliamo noi chi entra, siamo privati ​​della libertà, abbiamo la testa e il cuore spezzati da cose inutili. Non ho rispetto per le persone che sono sui social media. Non riesco a utilizzare i social media. Li odio tutti. Questo è chiaro. Quando, successivamente, contatteremo lo Studio Toscani per porre alcune domande aggiuntive, ci verrà detto “Il signor Toscani non risponde mai via email”. Coerente.

In maniera “arrabbiata”, Oliviero Toscani insiste e firma: “Ho sempre rifiutato di farmi comandare dal marketing. Il grande nemico che avevo alla Benetton era il management… Per fortuna Luciano era dalla mia parte. Non avrei mai pensato che Luciano fosse il mio capo. È stata una vera collaborazione. Ho fatto quello che lui non ha fatto e lui ha fatto quello che io non ho fatto. Ci parliamo continuamente, anche oggi”.

Col passare dei minuti, proprio come “fortunato”, un’altra parola scandisce lo scambio, come se fosse scandita: “libertà”. “La cosa più importante per me è la libertà… La mia scelta è stata di non avere mai un capo, di non avere mai qualcuno alle mie spalle che mi dicesse cosa dovevo fare… Alla libertà sono pronto a incatenarmi. Tutto quello che cerco è l’opportunità di esprimermi. Peccato se dispiace. Non mi interessa. Odio il consenso”. Lontano dai pubblicitari dei grandi orologi e delle belle ville di Sperone, Toscani afferma di esserlo fieramente “contrario alla proprietà, a tutto ciò che la ostacola, in generale. La patria, la famiglia… È la rovina della società”..

Oggi, se Oliviero Toscani dovesse avere delle delusioni, potrebbe essere la fine di Fabrica, centro di ricerca e comunicazione creato nel 1994 con Benetton, non lontano da Treviso. “Era una buona idea, ma è finita… L’abbiamo concepito come luogo di creazione e di ricerca socio-politica, in locali creati dall’architetto Tadao Ando… Abbiamo anche pubblicato la rivista Coloriche aveva una sede a Parigi. Luciano Benetton capì che tutto questo aveva valore. Contenuti del marchio in anticipo sui tempi, in breve.

“Non sono un artista”

Colui che ha affidato Corriere della Sera non avere “non voglio più scattare foto” non dice di essere più lusingato dalle retrospettive che rendono omaggio alla sua opera, da Ravenna a Zurigo passando per Bologna e Milano… “Tutto questo non mi interessa perché non sono un artista: sono un fotografo. Uso la fotografia come uno scrittore usa la scrittura. La mia macchina fotografica è la mia macchina da scrivere. E non sono nemmeno interessato a fare belle foto. Le spiagge, i piccioni che volano… Tutte queste sono foto inutili. Non ho mai scattato una foto per me. La fotografia non è onanismo estetico e pittorico”.

Non rimpiangere nulla, tranne le cose che non hai fatto. Oliviero Toscani presenta così la sua filosofia di vita. “Sono stato molto “fortunato”, sono stato molto fortunato. Per tutta la vita ho viaggiato, ho sempre vissuto come volevo, fatto quello che volevo… appartengo a quella generazione che cantava “Forever Young”. E poi un giorno mi sono svegliato e avevo 82 anni. A volte mi chiedo se questa malattia non sia una punizione per essere così fortunati. Mi sento come se stessi pagando per tutta questa fortuna.

L’entretien se fin, Toscani y met fin «ex abrupto». “Avrai abbastanza da fare”dice con autorità. Gli confidiamo, cercando di stringere qualche minuto in più, che è stata una delle nostre prime interviste, 25 anni fa, quando abbiamo iniziato a fare giornalismo… Toscani se la cava con un colpo di scena. “Buona fortuna, la prossima volta che mi chiamerai di nuovo, avrai più di 70 anni e io sarò ancora qui!” Fortunato…

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