Usciamo dal nostro guscio! • scrivania Russia

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In un momento in cui le “anime buone” europee parlano con insistenza di una futura pace in Ucraina, in condizioni improbabili, gli stessi ucraini stanno vivendo una dura prova. Molti francesi, e gran parte degli europei, non sembrano capaci di comprendere questa dura prova, di provare empatia e, soprattutto, di mobilitarsi per l’Ucraina, ciascuno al proprio livello. Tutti abbiamo mangiato tanto buon cibo e bevuto botti di champagne durante le feste, ma quanti francesi hanno brindato alla vittoria dell’Ucraina e alla caduta del regime di Putin? Senza nemmeno parlare di azioni concrete a favore di questo Paese martire.

Durante le vacanze di Natale ho parlato con diversi miei amici ucraini. Queste sono persone eroiche che rimangono in Ucraina e cercano di aiutare il Paese e i loro cari, al meglio delle loro capacità. Ma che tragici destini! Quante famiglie divise!

Dall’inizio della guerra, una sua cara amica, professoressa all’Università di Roma, vive con la madre 94enne al quinto piano di un edificio degli anni ’60 nel centro di Kiev. Insegna a distanza perché non può abbandonare la madre, una grande poetessa. La madre ha un problema cardiaco e soffre. Riesce a malapena a muoversi per l’appartamento con un deambulatore. Non è possibile che lei si rechi nel seminterrato dell’edificio durante gli allarmi aerei che si verificano più volte durante la notte. Da un lato, anche se l’ascensore funziona (non sempre), bisogna comunque scendere diversi gradini per tornare al seminterrato dal piano terra. Il rifugio, invece, è occupato da senzatetto, senzatetto che lì si riparano dal freddo invernale. Così, ogni notte, la mia amica condivide con la sua vecchia madre ore di sonno leggero, anche di insonnia, intervallate dalle sirene. Ogni notte temono che un pezzo di rottame di un drone russo possa distruggere il loro appartamento e la loro esistenza. Il marito di questa amica, un italiano, è morto il mese scorso vicino a Roma. Non ha potuto andare al suo funerale perché l’Ucraina non ha collegamenti aerei e il viaggio di ritorno in Italia, per essere lì per due giorni, dura sei giorni. Impossibile lasciare la mamma, si lamenta con voce stanca. Ora era un uomo con cui era sposata da trent’anni, il padre di sua figlia, una persona cara e amata. La mia amica è una donna forte e allegra. O meglio lo era, perché la fatica e la stanchezza minano anche il morale d’acciaio.

Non so se noi europei capiamo esattamente cosa significa, milioni di sfollati interni e milioni di rifugiati, la maggior parte dei quali si trovano in Europa. Conosco molte famiglie separate. Gli uomini che combattono al fronte, e anche gli anziani che non sono più soggetti all’obbligo di servizio militare, spesso mandano mogli e figli all’estero, per risparmiare loro sofferenze o morte. A volte è il contrario. Il marito ottiene una borsa di studio o un lavoro per un periodo all’estero, mentre la moglie e i figli rimangono in Ucraina a causa dei genitori anziani, a causa del lavoro della moglie, ecc. Insomma, un’intera popolazione non ha più una vita familiare normale. E non sappiamo quali saranno le conseguenze di questi sconvolgimenti. Quanti di questi milioni di rifugiati torneranno a casa, quante famiglie si disperderanno, quanti bambini rimarranno permanentemente traumatizzati?

Non ho ancora parlato delle decine di migliaia, se non di più, di vittime civili e militari, ognuna delle quali ha una famiglia che oggi le piange. Alcuni ucraini parlano dell’annientamento dell’élite nazionale, perché sono stati i più coraggiosi, i più grandi patrioti, i più puri di cuore ad offrirsi volontari allo scoppio della guerra. Tra queste vittime, tanti poeti, scrittori, musicisti, giornalisti, scienziati, medici, insomma coloro che fanno grande una nazione.

Né ho ancora parlato di decine di migliaia, se non di più, di persone che sono diventate disabili: cieche, con una gamba sola, quadriplegiche e così via. La nazione ucraina fa di tutto per aiutarli a tornare alla vita, li cura, li dota di apparecchi acustici, sedie a rotelle e lunghe sessioni di riabilitazione. Ma anche lì, che dolore per le loro famiglie, per le loro mogli, per i loro figli! E che dolore per i genitori quando un bambino salta su una mina, in questo Paese più minato al mondo e che dovrà essere bonificato per decenni!

E le infrastrutture? Intere città rase al suolo, come Mariupol e diverse altre, soprattutto nell’est, nel Donbass, o come Kharkiv, una città di due milioni di abitanti dal dopoguerra, dove il nemico russo vuole obbligare con i suoi attacchi spietati la popolazione ad abbandonare la città per prenderne il controllo. Inoltre, quando il regime russo ricostruisce, come nel caso di Mariupol occupata, non è per permettere agli abitanti di ritornarvi, ma per insediarvi le popolazioni russe. E questi nuovi abitanti vivono e vivranno sopra fosse comuni, dove si dice che circa 20.000 residenti ucraini siano morti nell’assedio della città e nell’arbitrarietà degli invasori.

Parliamo anche dell’80% degli impianti elettrici distrutti. L’inverno in Ucraina è generalmente rigido. Per il momento la temperatura rimane intorno allo 0°, ma sicuramente scenderà. Come si può vivere in un edificio dove l’energia elettrica è disponibile in modo intermittente, per poche ore al giorno? L’assenza di elettricità significa spesso l’assenza di acqua corrente, l’assenza di sciacquoni, l’impossibilità di scaldare un piatto… E gli ospedali? E i reparti maternità?

Oh, gli ucraini resistono, anche se alcuni disertano, anche se altri lasciano il paese, perché questo è perfettamente umano, ma inchiniamoci al loro eroismo e alla loro resilienza, e pensiamo, ciascuno di noi, che possiamo fare per loro . Rifiutiamo l’indifferenza! Usciamo dal nostro guscio! Per la salvezza della nostra anima e la salvezza dell’Europa!

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