“Macron è arrivato a credere che, attraverso le sue parole, avrebbe potuto creare opportunità, anche momenti decisivi, e che ne sarebbe seguita la gestione”

“Macron è arrivato a credere che, attraverso le sue parole, avrebbe potuto creare opportunità, anche momenti decisivi, e che ne sarebbe seguita la gestione”
“Macron è arrivato a credere che, attraverso le sue parole, avrebbe potuto creare opportunità, anche momenti decisivi, e che ne sarebbe seguita la gestione”
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Eel maggio 2017, un giornalista mi ha chiesto quale fosse il concetto di kairos sull’inaspettata elezione di Emmanuel Macron, eletto da ” irrompere “come lui stesso ha ammesso. Par kairosgli antichi greci designavano, infatti, l’occasione, il momento decisivo: saper individuare il kairos è sia una questione di colpo d’occhio che di preparazione o esperienza. È lo sguardo dell’aquila sul campo di battaglia, quello illuminato dal “sole di Austerlitz”, ma se arriva Blücher al posto di Grouchy ritardato nella sua marcia, è Waterloo. Il tempo (crono) riacquista i suoi diritti, il kairos cambia schieramento ed è una debacle.

Nel 2017 Macron è riuscito a cogliere l’opportunità che si è presentata, anche se non avrebbe dovuto vincere. Ma, con la sua testardaggine, François Fillon, suo malgrado, lo aveva aiutato! Che cosa siano stati sette anni di esercizio solitario del potere non è mio argomento, salvo constatare che questo presidente, che voleva essere gioviano e padrone degli orologi, ha ceduto sempre più al presentismo, moltiplicando le occasioni di diffusione, in tutti i formati e fino all’incontinenza, la parola presidenziale, poiché solo essa poteva rispondere sempre più rapidamente alle crisi e alle emergenze che continuavano ad accumularsi.

Ma più voleva o credeva che le sue parole fossero performative, più veniva accusato dai suoi avversari di esserlo “disconnesso”. Perché solo per gli dei il dire e l’agire sono una cosa sola: poiché tra i due non vi è intervallo né ritardo, poiché il loro tempo non è tempo. crono dell’uomo, colui che passa, che si estende tra passato, presente e futuro. Evolvono in una sorta di perpetuo kairos. Insensibilmente, aiutato dall’arroganza, Emmanuel Macron è arrivato a credere che, attraverso le sue parole, poteva generare kairosche bastava per creare occasioni, anche momenti decisivi, e quel tempo cronocosì come la gestione, seguirebbero.

Realtà sul campo

La sera del 9 giugno, l’annuncio, contro ogni aspettativa, dello scioglimento dell’Assemblea nazionale ha segnato il culmine di questa pratica del discorso performativo. In un istante, ha sicuramente prodotto un momento decisivo, a kairos che, secondo lui, gli avrebbe restituito il vantaggio e, prima di tutto, quello di scegliere il campo di battaglia, dopo la pesante sconfitta (seppur annunciata) alle elezioni europee. Ma l’effetto sorpresa è durato poco kairos, concepito nella sala dell’Eliseo, non ha retto alla realtà dei fatti e tanto meno ai calcoli degli stati maggiori e dei leader delle battaglie elettorali. Da questa kairos che fu loro offerto, si affrettarono a trascriverlo in tempo cronografo di una campagna elettorale e nel dispiegarsi di programmi governativi più o meno miracolosi.

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