Paul Chemetov, amico mio – Saluti.fr

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Paul Shemetov è morto. Aveva 95 anni. È stato uno dei più grandi architetti francesi. Era mio amico. Fino ai giorni scorsi abbiamo parlato di progetti, politici e architettonici. Perché Chem, come lo chiamavo, era inseparabilmente un architetto, un intellettuale, un uomo impegnato.

Il grande pubblico conosce di lui l’iconico Ministero delle Finanze, la galleria mobile del Museo di Storia Naturale, che ospita la grande sfilata dei vivi. Milioni di abitanti dei sobborghi frequentano Les Halles, intorno a Place Carrée, questa cattedrale sepolta del razionalismo di ispirazione gotica. Vivono a migliaia nelle loro case, frequentano le piscine, le piste di pattinaggio e le mediateche. Paul Chemetov, attraverso i suoi successi e la sua influenza, ha plasmato il nostro paesaggio urbano e la nostra vita quotidiana.

Non aveva mai smesso di essere questo figlio di un esule russo, diventato architetto perché questo mestiere può sempre essere utile, qualunque siano i cieli in cui viviamo. Dal padre, grafico e tipografo, aveva ereditato questo gusto di mescolare tecnica e arte. Come Philippe Soupault, il poeta surrealista che era suo suocero, si lasciò sorprendere e sedurre dalle stranezze della vita quotidiana. Amava queste fattorie, queste case operaie, le città di mattoni dove l’ingegno, il gusto e la cultura dei costruttori si esprimevano con mezzi limitati. Come Charlot, di cui condividevamo l’ammirazione, sapeva che la fantasia e la libertà non scompaiono mai nel lavoratore, nemmeno in quello schiavo. Ricordo questa frase che ancora mi dà fastidio: “È nella sessualità che si esprimono il genio e la libertà umana”.

Il suo lavoro esprimeva il lavoro: le tecniche, gli assemblaggi erano leggibili. Voleva essere fedele a Berthold Brech e assunse la duplice funzione di rappresentazione e di rivelazione dei mezzi di rappresentazione. Ricordo anche quello che disse riguardo al Dipartimento delle Finanze. Situato all’interno del recinto del Generale degli Agricoltori, questo edificio esprime il potere dello Stato, il potere del denaro. Chemetov non stava cercando di mascherarlo, di raccontare una storia diversa da quella che è. Ma ha tentato, in qualità di architetto, di progettare un edificio complesso, complesso quanto l’idea che aveva dello Stato in Francia, democratico e sostenuto fin dalla Rivoluzione francese da una promessa di uguaglianza.

Come pochi altri, ha lavorato per le periferie, per l’edilizia sociale, per questa promessa del dopoguerra: rendere accessibile a tutti un’abitazione confortevole e dignitosa. Avrebbe avuto la possibilità, lui, l’architetto così riconosciuto, celebrato, decorato, di abbandonare questa produzione quotidiana. Lui non ha fatto nulla e fino alla fine ha legato questo lavoro per le istituzioni della Repubblica e per la vita quotidiana dei cittadini.

Non è mai sprofondato nell’imprenditorialità o nel fascino produttivista e consumistico. A partire dagli anni Sessanta, quando l’edilizia collettiva veniva progettata secondo l’efficienza taylorista, si è impegnato a inventare belle case popolari con doppi livelli, logge, spazi fluidi, dove tutti hanno un posto, dove è possibile cucinare e dove stendere la biancheria. I vasi di geranio hanno un ripiano; le pensiline in vetro dei padiglioni segnano gli ingressi. Del nord della Francia, come i giardini parigini, conserva queste escrescenze un po’ ritoccate e aggiunte: la sua architettura non era pura, liscia e formale. È stata fatta di usi ben compresi, di materiali assemblati, di tecniche, di soldi destinati al progetto, di trattative.

Paul Chemetov era un comunista, di questa cultura che valorizza il mondo popolare inglobandolo nella Repubblica e nella modernità. Una modernità che deve fare spazio proprio a questo popolo diverso, inquieto, inventivo. Ortodosso, allora dissidente accanto ai rifondatori, le sue convinzioni comuniste non sono mai venute meno. Paul Chemetov era profondamente legato alla Repubblica e alla sinistra. Ricordo la sua emozione quando François Hollande ha ritenuto opportuno proporre la privazione della nazionalità in caso di doppia cittadinanza. Non ha mai smesso di scrivere con precisione per trasmettere il proprio modo di essere architetto, democratico e comunista, libero e impuro. Da questa miscela di cultura, umorismo, impegno e umanesimo, ha realizzato alcuni degli edifici e dei pezzi di città più interessanti, perché sono i più complessi e i più solidi.

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