Il JDD. In Cose visteVictor Hugo scrive: “Lasciamo la storia con le sue sublimi bugie”. Queste sono le bugie che rintracci nel tuo ultimo libro, Avevamo bisogno dei miti, della Rivoluzione e dei suoi immaginari dal 1789 ad oggi. I miti, sia chiaro, lo sono “la nostra tunica di Nesso” ; come storico, li metti in discussione senza tregua. Quindi, inizia: “La Rivoluzione non sarebbe stata quella che è senza il peso del cattolicesimo”. La questione della nostra laicità non è posta direttamente?
Emanuele di Waresquiel. Proprio lì. È affascinante anche dal punto di vista del patrimonio e delle nostre controversie odierne sulla laicità.
Non fu un uomo nuovo, rigenerato, tagliato fuori dalle sue radici (cristiane), chiamato a vedere la luce nel 1789?
Il resto dopo questo annuncio
Ma non funziona! L’uomo separato dalle sue radici è l’essenza di ogni rivoluzione. Fatta eccezione per la “rivoluzione” hitleriana che è, al contrario, la costruzione di una genealogia della memoria che attingerà alle più antiche radici germaniche. Insomma, la Rivoluzione si svolge, dal punto di vista della sacralità, in una tensione permanente tra il peso del cattolicesimo dell’Ancien Régime che continua, anno dopo anno – il Corpus Domini si celebra ancora a Parigi nel 1793 -, e la creazione di un uomo rigenerato. La impregnazione dell’antica cultura cattolica continua a incidere profondamente sulla società; troveremo questa impregnazione sotto l’Impero e per tutto il XIX secolo.
Sì, la Rivoluzione non sarebbe stata quello che è stata senza questo peso del cattolicesimo, a cominciare dal raduno del primo ordine del regno (i preti erano i più numerosi tra i 600 deputati del Terzo Stato), dal 19 al 20, 1789. La Costituzione Civile del Clero ai suoi inizi, contrariamente a quanto si dice, prima che il Papa si scagliasse contro di essa, non fu accettata all’unanimità ma accettata a maggioranza. Sullo sfondo del giansenismo c’è un’utopia, il sogno di un ritorno a un cattolicesimo delle catacombe, egualitario, spogliato dei suoi ori e dei suoi ornamenti, di ispirazione rousseauiana.
E poi ci sono le sue ispirazioni dall’Illuminismo, dal grande orologiaio che ritroveremo nel culto dell’Essere Supremo di Robespierre. Quindi, in sintesi, c’è tutto questo retroterra cattolico con le sue metastasi della seconda metà del Settecento. Le reliquie dei santi sono protette dal popolo di Parigi! È un segno.
“Dei 700 deputati della Convenzione, uno su dieci è di origine clericale”
Dall’altro lato, se posso dire, dell’estrema sinistra rivoluzionaria, la questione è completamente diversa, no?
Per gli hébertisti, infatti, e molte cose si spiegano con le lotte di fazione tra Robespierristi e Hébertisti, c’è un desiderio molto chiaro di una laicità che diventi una sorta di teologia di Stato. Fondamentalmente, queste controversie le ritroviamo oggi nelle differenze nelle nostre concezioni di laicità: cioè di una laicità che sarebbe concepita come una semplice modo di lavorareuna regola del gioco che permetterebbe la libertà di coscienza e di culto, o un laicismo molto più totalizzante, che diventerebbe un dogma di Stato, un dogma, come dice Victor Hugo, senza Dio e senza prete, una sorta di teocrazia al contrario. Queste due concezioni della laicità si scontrano, è di grande attualità e il problema non è ancora risolto!
Non avreste potuto scrivere che il Terrore non sarebbe stato quello che è stato senza il peso del cattolicesimo?
Dei 700 deputati della Convenzione, uno su dieci è di origine clericale.
Ora demistiamo: il giuramento del gioco delle palme non è stato prestato sotto l’influenza della paura?
Almeno per paura. Arriviamo addirittura a immaginare, sotto il Direttorio, una battaglia del Jeu de Paume. Mentre il servizio di guardia della Reggia di Versailles si era messo a disposizione dei deputati del Terzo Stato, cosa che un po’ dimentichiamo di dire.
Un altro mito, la Bastiglia. Fu catturata il 14 luglio 1789 o si arrese?
Sullo sfondo della crisi antifiscale, una parte dei parigini si ribella. Principalmente i sobborghi di Saint-Antoine e Saint-Marcel. Attacca le barriere di Parigi. Mette le mani sui fucili conservati a Les Invalides. Inoltre non vede alcuna resistenza. Gli ultimi reggimenti del re accampati al Campo di Marte hanno lasciato la capitale. Quelli che si ribellano hanno armi ma non polvere da sparo. Ma sappiamo che in una delle torri della Bastiglia sono depositati due o trecento barili di polvere. Quindi marceremo sulla Bastiglia non perché sia il simbolo assoluto della tirannia reale, ma perché c’è la polvere da sparo. La prigione fu attaccata ma non presa, se dobbiamo credere ad un certo numero di resoconti contemporanei dell’evento.
“Si tratta di confrontare i due eventi del giuramento del Jeu de Paume e della presa della Bastiglia”
La Bastiglia era difesa da una trentina di sfortunati invalidi e da una cinquantina di guardie svizzere. Delaunay, il governatore, era militare quanto io lo sono papa. In preda al panico, dopo molteplici trattative confuse, alla fine abbassò il ponte levatoio e aprì le porte. C’è questa frase terribile e assolutamente malvagia di Rivarol: “Il signor Delaunay aveva perso la testa molto prima che gli venisse tagliata”. Nei giorni che seguirono fu costruita una storia eroica che fu quella dell’emergere del popolo trionfante, vittorioso, padrone di sé, coraggioso e maturo sul grande palcoscenico della Rivoluzione francese.
Si tratta di confrontare i due eventi del giuramento del Jeu de Paume e della presa della Bastiglia. Sono fondativi nel modo in cui sono stati reinterpretati e antagonisti perché, dal punto di vista dell’eredità rivoluzionaria, daranno luogo ad una doppia cultura della legittimità politica che è molto francese. Da un lato, una legittimità derivante dalla rappresentanza parlamentare teorizzata da Sieyès, una legittimità dell’elezione e delle urne; dall’altro, una legittimità della democrazia diretta – sto usando un anacronismo – che sarebbe una legittimità della strada e del popolo.
Questo scontro di queste due legittimità, questo equilibrio di potere, ha fatto la Rivoluzione fino al Terrore. I giorni rivoluzionari sono l’esempio stesso di questo conflitto di legittimità. Da qui la nostra voglia di sciopero… Pensiamo ai Gilet Gialli… Legittimità che si misura con l’occupazione dello spazio pubblico… De Gaulle rivendica una legittimità superiore che sarebbe del popolo contro la legalità. Ebbene, tutto ciò è di una attualità preoccupante.
Avevamo bisogno di miti, La Rivoluzione e i suoi immaginari dal 1789 ad oggi, di Emmanuel de Waresquiel, Tailandier, 445 pagine, 24, 60 €