La grande alleanza degli europeisti è minacciata?

La grande alleanza degli europeisti è minacciata?
La grande alleanza degli europeisti è minacciata?
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La riconfigurazione delle forze politiche europee inizierà tra pochi giorni al Parlamento europeo. La RN, che ha appena rotto con gli estremisti dell’AfD tedesca, cercherà nuovi alleati. L’appello lanciato da Marine Le Pen a Giorgia Meloni, la leader dei sovranisti, non ha trovato, finora, echi da Roma.

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Quanto a Manfred Weber, il presidente del gruppo PPE (la destra conservatrice), ha ripetuto, negli ultimi mesi, che i suoi partner restano i centristi di Renew e i socialdemocratici del gruppo S&D per lui è una questione in più per lasciarci trascinare nelle esagerazioni normative degli ambientalisti e nella loro visione più ideologica e punitiva del Green Deal. Non ha mai nascosto di voler riunire Giorgia Meloni in un blocco di maggioranza. Ma, a suo avviso, è una Meloni in cerca di rispettabilità che si avvicinerebbe al blocco europeista, e non al Ppe che diventerebbe euroscettico.

Secondo le attuali proiezioni dei sondaggi, la grande coalizione composta da PPE, Renew e S&D manterrebbe circa 400 seggi, oltre i 361 seggi necessari. La spinta dei gruppi ECR (Conservatori e Riformisti europei) e ID (Identità e Democrazia), ricostituiti o meno, non permetterebbe loro di superare dal 20 al 25% dei 720 seggi nell’emiciclo di Strasburgo. Il PPE arriverebbe primo in una decina di paesi. Sarebbe al secondo posto in nove paesi. I socialdemocratici sarebbero in testa in sette-nove paesi (a seconda se si contano o meno i socialisti slovacchi, in contrasto con i socialisti europei) e al secondo posto in sette paesi.

Il PPE guida i sondaggi in una decina di paesi

Dall’altro lato dello spettro politico, i partiti legati ai sovranisti dell’ECR sarebbero in testa in Italia (con Fratelli d’Italia di Meloni) e in Lettonia. In Polonia, la vittoria del PiS è incerta di fronte alla coalizione di Donald Tusk (PPE), in vantaggio in alcuni sondaggi. I nazionalisti sarebbero sicuramente in testa in un paese: la Francia con l’RN di Bardella, così come l’Austria con l’FPÖ. Per il momento, nei Paesi Bassi, l’unico Paese che ha già votato (giovedì 6 giugno), gli exit poll non danno la vittoria al PVV di Geert Wilders. Il leader nazionalista – a cui vengono attribuiti 7 seggi – sarebbe, per il momento, un seggio avanti rispetto alla coalizione tra laburisti e ambientalisti guidata dall’ex commissario europeo Frans Timmermans (8 seggi). Bisognerà però attendere i risultati definitivi pubblicati domenica sera.

Uno studio dell’Istituto Jacques-Delors, realizzato da Nathalie Bracq e Awenig Marié, ha calcolato attentamente quali sono state le strategie di alleanza nelle votazioni al Parlamento europeo nelle ultime due legislature (2014-2019 e 2019-2024). Il collegamento tra PPE e ECR “non è così evidente”, scrivono gli autori. Durante il 9e legislatura, i voti dei gruppi PPE e ECR convergono nel 63% dei casi. Ma il Ppe ha votato molto di più con Renew (nell’82% dei casi) e con i S&D (nel 74% dei casi). Lo studio mostra che la cooperazione tra PPE ed ECR è addirittura leggermente diminuita tra gli 8e e il 9e legislatura dal 67 al 63%. Ha addirittura raggiunto un “livello storicamente basso” nel 2023 (58,5%), contrariamente all’idea diffusa di un riavvicinamento PPE-ECR…

Sulle questioni economiche, il PPE e l’ECR formano un’alleanza

La coesione della grande coalizione PPE-S&D-Renew varia a seconda dei settori legislativi. Quando si tratta di legiferare in materia di politica economica, la coesione tra i tre gruppi scende al 58%. “In caso di rottura di questa grande coalizione, la maggior parte degli emendamenti legislativi sono stati adottati grazie ad una coalizione di destra guidata dal PPE (38%) piuttosto che a una coalizione di sinistra (5%)”, scrivono gli autori del rapporto. ‘studio. Questa tendenza è destinata ad aumentare sicuramente nella prossima legislatura. Sulle questioni economiche, il PPE si rivolge ai sostenitori eletti dell’ECR del liberalismo economico per contrastare la sinistra.

Sulla politica migratoria, invece, la grande coalizione domina ampiamente con una frequenza dell’88% dei voti, ovvero 30 punti in più rispetto alle questioni economiche. C’è stato addirittura un incremento di 4 punti tra gli 8e e il 9e legislativo.

Quando il PPE non riesce ad aderire alla grande coalizione

Infine, sulla politica ambientale (Green Deal), la coesione della grande coalizione scende al 63%. E in caso di rottura, è l’alleanza di sinistra guidata dai socialisti che più spesso riesce ad adottare o respingere gli emendamenti (20% contro 16% per l’alleanza di destra). “Il PPE ottiene voti meno spesso sulla politica ambientale perché, a differenza della politica economica, non riceve sistematicamente il sostegno del gruppo Renew”, notano gli autori. In caso di scissione, il gruppo ECR aggiunge i suoi voti al PPE nel 90% dei casi e al gruppo ID nel 92% dei casi, contro il 25% del gruppo Renew. È questo equilibrio che dovrebbe cambiare nel nuovo Parlamento con il pessimo rendimento degli ambientalisti che potrebbero perdere una ventina di seggi, passando da 72 eletti a una cinquantina.

Il PPE si è rifiutato di votare a favore della legge sul ripristino della natura (che è stata approvata ma svuotata della sua sostanza). D’altro canto è riuscito a far cadere la legge sulla riduzione dei pesticidi. La nuova Commissione dovrà senza dubbio tenere conto del malumore del PPE riguardo agli standard del Green Deal per proseguire il suo percorso verso la decarbonizzazione dell’economia del continente europeo. È tutta una questione di ritmo, di accettabilità dei vincoli da parte delle popolazioni interessate, di finanziamento delle transizioni per coloro che devono riformare la propria pratica. Tutto ciò richiederà l’investimento di ingenti somme di denaro e questo sarà il grande tema della nuova Commissione: dove trovare i soldi necessari per affrontare tutte le sfide climatiche, militari, digitali e tecnologiche?

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