Con “The Coubertin Spirit”, Emmanuelle Bercot risveglia il clown che è in lei

Con “The Coubertin Spirit”, Emmanuelle Bercot risveglia il clown che è in lei
Con “The Coubertin Spirit”, Emmanuelle Bercot risveglia il clown che è in lei
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Dopo “Making of” di Cédric Kahn o “Sentinelle” con Jonathan Cohen, ti vediamo sempre più spesso nelle commedie. Quali novità ti apre questo?

I miei amici mi hanno sempre detto che avrei dovuto farne qualcuno ma fino adesso nessuno me lo ha proposto… (ride). Forse è la mia età, ma negli ultimi due anni mi sono venute in mente le commedie. È speciale perché mi trovo in una situazione da principiante. La commedia è una tecnica precisa, dove bisogna lasciarsi andare, non aver paura del ridicolo, o di sentirsi fuori posto. C’è un piacere nel rischio che ci impone di non trattenerci. È un esercizio di disinibizione.

Questa commedia “scolastica e inquieta”, come la definisce il regista, ha rivelato il clown che è in te?

Sì, ma succede poco a poco. Per fare questo lavoro bisogna rimanere bambini nell’animo. Come credere a questo allenatore cinquantenne che si comporta come un adolescente? Devi dare il massimo e, se sei sincero, funziona!

“L’Esprit Coubertin” è un film anti-sportivo, sulla “dissolutezza francese”… vanta un umorismo “rabbrividito”: che cos’è?

Ho scoperto questo tono che non avevo mai visto in Francia. È un umorismo scomodo e inquietante nella tradizione dei film americani di Judd Apatow, dei fratelli Farrelly o Will Ferrell. Il bello del film, soprattutto nel contesto delle Olimpiadi di Parigi, è che giochiamo a baltringues, buoni a nulla, l’opposto della leggenda del mondo sportivo.

Il film esce il giorno in cui la fiamma olimpica arriva in Francia, era un programma previsto?

No, per niente! Quando il regista ha iniziato a scrivere, non sapeva nemmeno che le Olimpiadi si sarebbero svolte in Francia. La simultaneità è pazzesca.

Siete tutti un po’ brutti, disinibiti, perduti… È questo contro-lavoro che vi attirava?

Il regista ha stravolto tutto quello che ci viene insegnato sulla disciplina sportiva. Qui si fa festa e si beve alcolici, in contrasto con il rigore e il comportamento salutare degli atleti. Sono lì più per divertirsi che per vincere.

Benjamin Voisin dice di aver corso dei rischi e che alcuni giorni si chiedeva cosa ci facesse lì… e tu?

Anch’io (ride), ma a Benjamin piacevano davvero le caricature. Non avevo niente di assurdo da suonare, ero meno anticonformista. Anche se il mio personaggio è immaturo e pazzo, ha un comportamento meno strano. Aveva uno spartito fatto di espressioni facciali e tic. Quando ho visto il film sono rimasto stupito, ci credevamo totalmente.

Quando fai la tua esperienza da regista e reciti in un primo film, dai consigli?

Quando faccio l’attrice, spengo il cervello del mio regista. Mi metto al servizio, sono solo uno strumento del film. Ma siccome la regia mi affascina, quando aspetto rimango sul set. Faccio attenzione al taglio del regista. Senza giudizio. Invece se vedo un giovane regista in difficoltà, in modo amichevole, esprimo la mia opinione. È molto difficile realizzare un film, soprattutto il primo, quindi faccio tutto quello che posso fare per aiutare.

“Lo spirito Coubertin” di Jérémie Sein con Benjamin Voisin, Emmanuelle Bercot, Grégoire Ludig, Laura Felpin. Nelle sale dall’8 maggio.

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