Potenziale trattamento per la SLA da studiare

Potenziale trattamento per la SLA da studiare
Potenziale trattamento per la SLA da studiare
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Un trattamento che potrebbe potenzialmente rallentare la progressione della sclerosi laterale amiotrofica è allo studio presso il Montreal Neurological Institute-Hospital.

Il dottor Olivier Blanchard e il suo team vogliono sapere se un farmaco già approvato per la vescica iperattiva potrebbe bloccare le cellule iperattive che inevitabilmente finiscono per danneggiare la connessione tra i nervi e i muscoli dei pazienti affetti da SLA.

“Vediamo molto presto nel processo (della malattia) che la giunzione tra il nervo e il muscolo è molto malata”, ha affermato il dottor Blanchard. E non solo la giunzione neuromuscolare non è buona, ma c’è anche una minore riparazione della giunzione tra nervo e muscolo”.

Se blocchiamo le cellule iperattive responsabili del danno, ha aggiunto, aumenteremo la riparazione della giunzione tra il nervo e il muscolo, conserveremo quindi più forza, e ci sarà meno distruzione del muscolo, meno danni. atrofia muscolare e minore debolezza nel tempo.

Questo studio nasce da un lavoro preclinico condotto dal professor Richard Robitaille presso l’Università di Montreal, durante il quale il trattamento ha migliorato la forza e la mobilità dei topi a cui è stato somministrato.

Abbiamo osservato anche in questi topi un prolungamento della sopravvivenza ed un aumento della massa muscolare, ha sottolineato la dottoressa Blanchard.

“È nuovo nel senso che le terapie sviluppate in passato hanno sempre preso di mira i motoneuroni”, ha affermato. Nulla era stato realmente esaminato per il bersaglio più periferico, la giunzione tra il nervo e il muscolo.

Trovare un modo per riparare, o almeno rallentare il deterioramento, della giunzione neuromuscolare dei pazienti rappresenterebbe un importante passo avanti, dal momento che esistono solo due nuovi trattamenti per la SLA: la malattia di Lou Gehrig, che è stata oggetto della famosa “sfida del secchiello del ghiaccio” in diversi paesi. anni fa – sono stati approvati negli ultimi trent’anni per rallentare la progressione della malattia.

“Se il farmaco fosse efficace nel rallentare la malattia, il risultato sarebbe già molto significativo”, ha affermato il dottor Blanchard.

Bisogna però avere pazienza, avverte, perché è effettivamente più difficile rilevare i cambiamenti negli esseri umani che nei topi, “poiché il modello è più grande”.

Inoltre questo studio si svolge in un contesto in cui la malattia è già progredita in modo significativo, mentre può essere indotta nei topi ed intervenire fin dall’inizio.

“Forse non siamo abbastanza precocemente nella malattia per vedere una differenza”, ha detto il dottor Blanchard. Penso che abbiamo una possibilità su due di riuscire a dimostrare l’efficacia”.

Se mai verranno rilevati segnali positivi, forse sarà possibile dimostrare l’efficacia in una fase successiva, con un campionamento più ampio, ha concluso. L’obiettivo finale, ovviamente, sarebbe quello di avere una cura che possa essere offerta ai pazienti fin dal momento della diagnosi.

I ricercatori stanno attualmente continuando a reclutare partecipanti per questo studio.

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