Mohamed Bouhafsi consegna un inventario implacabile

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Mohamed Bouhafsi nel documentario “Grida allo stadio. Inchiesta sul razzismo nel calcio”, di Mohamed Bouhafsi e Dimitri Queffelec. PRODUZIONI DEL TERZO OCCHIO

FRANCIA 5 – MARTEDÌ 11 GIUGNO ALLE 21:05 – DOCUMENTARIO

Nell’eccellente serie di Eric Benzekri, Febbre, in onda su Canal+ a marzo, il calcio viene letto come una nuova versione degli antichi giochi circensi, derivazione della guerra civile, dove la violenza simbolica degli spalti sostituisce la violenza reale della strada. In questo appassionato spazio identitario, l’opinione pubblica oscilla tra la difesa della causa del giocatore di colore, che ha subito un attacco di sangue contro il suo allenatore “tubab”, o la condanna dell’aggressione. Al brusio di decidere. Distopia agghiacciante.

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Urla nello stadio offre un sorprendente inventario di un razzismo la cui violenza, come la sofferenza, è stata a lungo nascosta e la cui storia sfugge. Fino a questo coraggioso esame di coscienza, che semplicemente fa appello.

Nonostante la forza delle testimonianze (da Joseph-Antoine Bell, Basile Boli, Luc Sonor o più recentemente Samuel Umtiti o Demba Ba) e l’emozione tangibile che ancora colpisce questi giocatori a cui è stata negata la loro umanità – grida di scimmia, lancio di banane e altri – due momenti sono essenziali. Esprimono sia la drammaticità di un fenomeno, non riducibile a una variazione di notizie, sia la prospettiva provvidenziale di un esito tanto dignitoso quanto radicale.

Innanzitutto Kerfalla Sissoko, giocatore dell’AS Benfeld, dato per morto dopo un linciaggio completo da parte dei tifosi che invasero il campo nel maggio 2018. In un abietto diniego di giustizia, è stato poi perseguito per “violenza in una riunione” . La sua scarcerazione, ottenuta a fine novembre 2020, lo lascia con l’amaro così tanto che non giocherà mai più a calcio.

Vertigini della presa

Una settimana dopo, nel dicembre 2020, durante la partita di Champions League tra Istanbul Basaksehir e PSG, furono i giocatori delle due squadre, in segno di solidarietà, a provocare l’interruzione della partita per protesta contro le osservazioni razziste di un arbitro rumeno. Questo slancio di dignità, che ignora le questioni finanziarie per le quali sacrifichiamo tutta l’umanità, potrebbe essere l’occasione per ripulire un contesto in cui il razzismo e l’omofobia si esprimono impunemente, anche se la legge ne ha criminalizzato l’espressione?

Ma come potrebbe davvero cambiare rotta una società sempre più permissiva nei confronti dei valori di estrema destra, che percepisce ciò che spetta ai tribunali come libera opinione? L’incessante indagine del giornalista Mohamed Bouhafsi – regista del documentario Il Blues e l’Eliseo nel 2022 – consegna un inventario preoccupante, soprattutto perché se la parola viene liberata grazie alla tenacia degli autori, mancano molti protagonisti, paralizzati dal rischio che ogni libertà di parola fa loro correre. Vertigini da presa.

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Saluteremo anche il coraggio di Olivier Létang, presidente del LOSC Lille, le cui posizioni sono mosse da impulsi estremisti, dieci anni dopo l’impegno proattivo di Robin Leproux, alla guida del PSG. Come ci aspetteremmo che il destino contrastato di Houssem Aouar, speranza furtiva dei Blues, dia da pensare.

Ma la risposta può arrivare dai politici, dai finanzieri o dai giornalisti, quando i social network, garantendo la loro fatale impunità attraverso l’anonimato, sfuggono a ogni controllo? Il duello tra i personaggi di Sam Berger e Marie Kinsky attorno all’affare Fodé Thiam in Febbre sembra offrire una risposta per niente incoraggiante.

Urla nello stadio. Inchiesta sul razzismo nel calciodocumentario di Mohamed Bouhafsi e Dimitri Queffelec (Fr., 2024, 90 min).

Philippe-Jean Catinchi

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