Anime sensibili, astenetevi. Gli scienziati hanno appena rianimato un cervello morto utilizzando un nuovo trattamento composto da diversi agenti conservanti. Ovviamente l’operazione non è stata eseguita alla cieca su un essere umano, ma su un maiale a cui era stata appena tagliata la testa.
I cervelli morti tornano in vita
Nuovo scienziato hanno recentemente affermato che nel cervello dell’animale smembrato sono state ripristinate solo le funzioni cellulari di base. “Qualcosa che in precedenza si pensava fosse impossibile dopo l’interruzione del flusso sanguigno”, afferma il Futurismo.
Ovviamente la testa del maiale non mostrava veri segni di vita dopo questo trattamento. I media riferiscono che il maiale “sembrava essere stato riportato indietro dall’orlo della morte”.
Questi risultati derivano dal lavoro del neuroscienziato Zvonimir Vrselja della Yale School of Medicine e dei suoi colleghi, che cercano di testare questa tecnica sul cervello umano.
Domande ancora in sospeso
Oltre alle questioni etiche che circondano questo tipo di progetti, un problema rimane irrisolto: il momento in cui si definisce che una persona è morta. “Alcuni dicono che la morte avviene quando il cuore smette di battere. Altri lo definiscono come il momento in cui le funzioni cerebrali cessano completamente”, spiega il Futurismo.
Apprendiamo anche che i neuroscienziati avevano scoperto in precedenza che l’attività cerebrale potrebbe prolungarsi ben dopo l’arresto cardiaco, e talvolta anche accendersi quando il cuore smette di battere. Il neuroscienziato Jimo Borjigin dell’Università del Michigan ha sottolineato che “è proprio il cervello morente a innescare questo massiccio sforzo di salvataggio”.
Quest’ultimo ha anche spiegato che una ricerca risalente al 2023 ha dimostrato che dopo aver scollegato dall’assistenza respiratoria quattro persone morenti, il loro cervello “sembrava essere in fiamme”. Lo scienziato ha quindi affermato che la comprensione di questa fase precisa permetterebbe di “resuscitare” il cervello.
Le ultime informazioni
Per Zvonimir Vrselja e i suoi colleghi la recente rianimazione è stata il risultato di uno speciale cocktail di farmaci chiamato BrainEx. Quest’ultimo aiuta a prevenire che il cervello venga danneggiato dall’improvviso afflusso di sangue ricco di ossigeno dopo la morte cerebrale.
In precedenza, quest’ultimo era riuscito a far rivivere “una certa attività” nel cervello dei suini quattro ore dopo la decapitazione. Di fronte alle questioni etiche su questa pratica, Zvonimir Vrselja sottolinea: “Abbiamo dovuto sviluppare nuovi metodi per garantire che non si verifichi alcuna attività elettrica in modo organizzato che possa riflettere qualsiasi tipo di coscienza”.
Al momento della stesura di questo articolo, il trattamento è in fase di sperimentazione per affrontare le malattie di Alzheimer e di Parkinson, e questo potrebbe in futuro contribuire a prolungare la durata di conservazione degli organi donati e, di fatto, a salvare più vite.