Il caffè, probabilmente lo bevete tutti i giorni, per la maggior parte di voi! Immaginate che queste piccole dosi di caffeina potrebbero cambiarvi la vita, negli anni a venire… Mentre certamente aiutano già a scacciare le occhiaie dei lavoratori più mattinieri, i chicchi di caffè contengono un potere insospettato: potrebbero rallentare lo sviluppo del morbo di Alzheimer.
È noto che un consumo ragionevole di caffeina aiuta a prevenire questa malattia neurodegenerativa, la cui giornata mondiale si è svolta sabato 21 settembre. Infatti, nel 2016, uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto nazionale di sanità e ricerca medica, dell’Ospedale universitario di Lille e dell’Università di Lille, nel nord della Francia, ha rivelato che il consumo di caffeina tendeva a ridurre i disturbi della memoria legati all’età o associati al morbo di Alzheimer.
Quindi l’informazione in realtà non è poi così nuova. Nel dettaglio, si dice che la caffeina sia in grado di bloccare l’attività dei neurotrasmettitori chiamati “A2A”, che sono particolarmente elevati nel cervello dei pazienti. Uno studio pubblicato quest’estate dallo stesso team ci dice qualcosa in più sul meccanismo di funzionamento di questi recettori e conferma i benefici della caffeina sulla malattia. Questi elementi ci hanno permesso di apprendere che un trattamento a base di caffeina è stato oggetto di una sperimentazione clinica di fase 3 (Nota dell’editore: finora, gli studi hanno coinvolto solo i topi). I progressi compiuti dal team di David Blum sono piuttosto dalla parte delle prove. È riuscito a dimostrare che la disfunzione di questi famosi recettori porta a un peggioramento dei disturbi della memoria.
Da due a quattro tazze al giorno
Grazie a una migliore comprensione dei meccanismi in atto nella malattia di Alzheimer, “confermiamo l’interesse di percorsi terapeutici che potrebbero agire su questo target”, spiega il ricercatore. “Stiamo quindi evidenziando ancora una volta l’interesse di testare la caffeina nel contesto di una sperimentazione clinica su pazienti affetti da forme precoci della malattia. Possiamo infatti immaginare che bloccando questi recettori A2A, la cui attività è aumentata nel paziente, questa molecola potrebbe prevenire lo sviluppo di disturbi della memoria o anche di altri sintomi cognitivi e comportamentali”.
In altre parole, il nuovo studio conferma che il consumo regolare e moderato di caffeina (che corrisponde a un consumo di due-quattro tazze di caffè al giorno) è un’opzione di trattamento promettente. D’ora in poi, il team di ricercatori di Lille sarà in grado di valutare l’effetto della caffeina sulle funzioni cognitive dei pazienti affetti da forme precoci o moderate di Alzheimer.
In Belgio, come abbiamo detto, circa 200.000 persone soffrono di questa malattia o di un’altra patologia correlata.