Dopo qualche esitazione nella sua comunicazione, nella serata di giovedì 28 novembre, il governo ha finalmente confermato che intende aumentare la tassazione sulla tariffa regolamentata per la vendita di energia elettrica dal 1È Febbraio 2025, rispetto a quella applicata nel 2024.
Abbastanza per mitigare il calo delle bollette che comunque si prevede, a causa del calo dei prezzi dell'energia elettrica sul mercato all'ingrosso. “Ho deciso di non aumentare le tasse sull’elettricità nella finanziaria 2025”ha tuttavia affermato nel pomeriggio il primo ministro Michel Barnier, nel corso di una lunga intervista al Figaro.
Se lo scenario trasmesso giovedì sera da Matignon sarà confermato, da un anno all'altro aumenterà la tassazione, come già previsto dal precedente esecutivo. Ma non aumenterà tanto quanto aveva previsto l’attuale governo Barnier in ottobre, presentando la legge finanziaria per il 2025; il che potrebbe ora spiegare la frase equivoca del primo ministro.
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Secondo il piano Matignon, l'anno prossimo le tasse ammonteranno a 37,20 euro per megawattora (MWh), IVA esclusa sui consumi. Si tratta di un aumento di quasi il 54% rispetto al livello odierno di 24,16 euro.
La fine dello “scudo tariffario”
Tra le componenti fiscali, la novità principale è quella della ex imposta nazionale sui consumi finali di energia elettrica (TICFE), ora denominata frazione riscossa sull'elettricità. Per giustificare questo aumento, il governo sottolinea la fine dello “scudo tariffario”.
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Nel 2022, di fronte alla crisi energetica inflazionistica, questo sistema di aiuti ha ridotto il TICFE a 1 euro per i privati. All’inizio del 2024, questa accise (un’imposta indiretta) era aumentata a 21 euro. Già allora si prevedeva di riportarlo, entro il 2025, al livello pre-crisi inflazionistica. O intorno ai 32 euro, se includiamo le vecchie tasse comunali e dipartimentali.
Secondo lo scenario fornito giovedì, questa frazione riscossa sull'elettricità sarà alla fine di 29,98 euro il prossimo febbraio – supponendo che l'aliquota IVA sulla sottoscrizione di un contratto aumenti dal 5,5% al 20%, per conformarsi alla legislazione europea.
In ottobre, presentando la legge finanziaria per il 2025, l'esecutivo aveva inizialmente considerato una somma flessibile fino a 50 euro per l'ex-TICFE. La misura avrebbe consentito allo Stato almeno 3 miliardi di euro di gettito fiscale aggiuntivo, a fronte di un'accisa di 32 euro. Molto impopolare, è stato oggetto di un voto sfavorevole all'Assemblea Nazionale e al Senato – il che non impedisce al Primo Ministro di imporlo senza voto ricorrendo all'articolo 49.3 della Costituzione.
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