3 cose da sapere per capire perché è “sacro” in una democrazia

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Bruno Retailleau, ministro dell’Interno, il 1° ottobre 2024 all’Eliseo. TOM NICHOLSON/SHUTTERSTOCK/SIPA

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Analizzare Il dibattito lanciato dal nuovo ministro dell’Interno Bruno Retailleau mette in luce questo grande concetto. Spesso considerato come un principio generale senza reali contorni, lo Stato di diritto è in realtà una base fondamentale per la democrazia.

Era un tema per un convegno o per una riflessione per il futuro. Dopo le dichiarazioni di Bruno Retailleau, nuovo ministro dell’Interno, questo diventa uno dei temi più scottanti dei primi giorni del governo Barnier. Lo “Stato di diritto” è tuttavia lungi dall’essere un vago slogan giuridico. Merita di essere rispiegato, illuminato e soppesato. In realtà, questo grande principio designa la base fondamentale che, in opposizione al potere arbitrario, garantisce il rispetto della gerarchia delle norme. Lo Stato di diritto si fonda su tre pilastri: rispetto di questa gerarchia; uguaglianza dei cittadini davanti alla legge; l’istituzione della separazione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Queste definizioni non sono teoriche.

1. Rispetto della gerarchia degli standard

Tutti conoscono la massima di Montesquieu: “Affinché non si possa abusare del potere, è necessario che, attraverso la disposizione delle cose, il potere fermi il potere. » Questa idea fu ripresa all’inizio del XX secolo dal giurista Hans Kelsen, che teorizzò il concetto di Stato di diritto; secondo lui, a “Stato in cui le norme giuridiche sono gerarchiche in modo tale che il suo potere è limitato ». Concretamente, questa gerarchia delle norme implica che ogni norma giuridica è redatta sulla base di una legge ad essa superiore, ciascuna norma prevedendo le modalità di creazione di quella ad essa inferiore.

La Francia, ad esempio, lo sa: le leggi approvate dal Parlamento devono rispettare il blocco di costituzionalità composto dalla Costituzione del 1958 e da alcuni testi come la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789 o il preambolo della Costituzione del 1946… Questa gerarchia di standard è una base ovvia per milioni di decisioni rese dai nostri tribunali civili, penali e persino amministrativi. Oggi garantiscono la conformità dei nostri testi alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) che tutela, in particolare, il diritto alla vita, alla libertà, al rispetto della vita privata e familiare. , libertà di coscienza, religione ed espressione. Protegge anche dalla discriminazione.

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L’ambiguità, spesso notata dai giuristi, è che l’espressione stessa “Stato di diritto” è assente nei testi fondamentali del diritto interno francese e nella CEDU. In quest’ultimo permangono nozioni correlate, mescolando elementi dell’ «stato di diritto» Rechtsstaat inglese e tedesco.

2. Uguaglianza dei cittadini davanti alla legge

Questo pilastro è semplice da capire. Ciò implica che tutti siano uguali davanti alla legge. Tutti sono soggetti di diritto, qualunque sia la loro posizione economica o politica. Pertanto, tutte le persone e le organizzazioni ricevono personalità giuridica: “persone fisiche” per donne o uomini; “persone giuridiche” per le organizzazioni. Lo Stato stesso è considerato una persona giuridica. Può essere impugnato, in particolare presso il tribunale amministrativo.

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Questo punto ha costantemente bisogno di essere spiegato. È eminentemente politico. Uno Stato può perdere in tribunale senza essere considerato debole o attaccato da un presunto “Repubblica dei giudici”. L’autorità delle decisioni e perfino la legittimità dei tribunali non dovrebbero, quindi, poter essere contestate, altrimenti si rischierebbe di minare l’indipendenza dell’autorità giudiziaria.

3. La separazione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario

La separazione fondamentale dei tre poteri potrebbe essere ovvia ma deve essere continuamente ricordata: il potere esecutivo è grossomodo quello del governo; il potere legislativo, quello del Parlamento; infine, “autorità giudiziaria” è quello della Giustizia. La Costituzione del 1958 precisa che non si tratta di un potere ma quindi di a “autorità”.

Ciascuno di questi tre poteri deve essere rispettato e mantenuto al suo ruolo. La giustizia è da anni la più sensibile sull’argomento. La paura deriva in particolare dall’emergere di “democrazie illiberali”, vale a dire regimi politici, come in Polonia o Ungheria, che rispettano alcune regole democratiche come le elezioni, ma si liberano dai vincoli costituzionali. La separazione dei poteri è contenuta nell’articolo 16 della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”. “Lo Stato di diritto è allo stesso tempo un tipo di Stato, cioè un oggetto che descriviamo, ma è anche un’idea di Stato, cioè un obiettivo che ci poniamo”ha riassunto recentemente l’ex vicepresidente del Consiglio di Stato Jean-Marc Sauvé nel corso di una conferenza.

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Fino ad allora la separazione dei poteri era considerata ovvia, nel senso che impediva la concentrazione del potere in una sola mano. In una parola, questa è la definizione di democrazia.

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