Il caos è al culmine attorno allo stadio Léopold Sédar Senghor. Un luogo trasformato in un’officina meccanica che pone due problemi: un ambiente di vita caotico e una crescente insicurezza. Le popolazioni di Grand Médine, frazione del comune di Patte d’Oie, non ce la fanno più.
Con la faccia emaciata, inala freneticamente boccate di canne. Il fumo si riversa subito in parole confuse, appena udibili nella cacofonia che regna sulla scena. “Jaaman”, come è conosciuto nel quartiere, apparentemente è in un altro mondo. Folti dreadlock, seduto per terra tra veicoli abbandonati dove petrolio e sabbia annerita sono diventati una cosa sola, ha allucinazioni con un sorriso sonoro: “Dio è lì per tutti e andremo tutti in Paradiso. L’inferno non esiste. » Tutto il suo corpo grida ancora il terrore della sua miserabile vita che trascorre in questo macello. I dintorni dello Stadio Léopold Sédar Senghor offrono un ambiente di vita sconvolto dalla presenza di rifiuti di ogni tipo: veicoli scartati o in panne, presenza di macerie, plastica, ecc. “Questa parte è troppo sporca e non ci fa alcun favore. Lì vengono gettati rifiuti di ogni genere: immondizia, ferro e macerie. Questa anarchia ha favorito l’emergere di banditi nella zona”, lamenta Amadou Kanté, meccanico sulla trentina. Grand Médine, situata nel comune di Patte d’Oie, ha la forma di una baraccopoli. Dalle prime luci del giorno di questo giovedì, 16 gennaio 2025, il quartiere ha le caratteristiche di un universo sotterraneo. Gli escrementi delle pecore nate alla fiera di Tabaski sono ancora onnipresenti. Sono mescolati con liquidi settici, scarichi fognari, resti di carne in decomposizione, terra tarlata. Sul posto si susseguono sguardi spenti. Volti chiusi su cui leggiamo stanchezza. A prima vista ci turamo il naso o distogliamo lo sguardo perché l’ambiente è scomodo. Il cumulo di macerie fa ormai parte del tetro arredamento di questi alloggi, privi di conforto e di igiene e per lo più privi di vernice. Baraccopoli che incoraggiano la promiscuità e la presenza di banditi. Un luogo che è diventato un deposito per i poveri. “Ogni volta che li scacciamo, ritornano. Questo posto non è sicuro”, si rammarica Fatou Ndione, direttrice di un ristorante. Il suo banco è circondato da un cumulo di spazzatura che brulica per la mancanza di discariche pubbliche. “Questo posto è diventato una sterlina”, sottolinea Arame Seck, residente a Mixta, un altro quartiere dalla famigerata reputazione. Un ambiente di vita favorevole alla delinquenza. “L’ambiente di questo posto fa sì che non possiamo frequentarlo in certi orari. Chiediamo al Ministero dell’Ambiente di ripulire quest’area. Il municipio si sta impegnando, ma questi curiosi ritornano sempre. Mi chiedo perché le operazioni di “Set-Setal” (pulizia) avviate dal governo non abbiano ancora preso di mira il nostro quartiere”, si lamenta Seynabou Ka, una casalinga che lava i suoi residenti davanti a casa sua.
Babacar Guèye DIOP