Il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha dichiarato giovedì che l'Italia sarebbe costretta ad arrestare il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu se visitasse il paese, a seguito del mandato di arresto emesso dalla CPI. Un altro ministro, tuttavia, è stato più cauto.
Il Ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha dichiarato giovedì 21 novembre che l'Italia sarà obbligata ad arrestare il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu in caso di visita nel Paese, a seguito del mandato di arresto emesso dalla CPI.
Il ministro ha detto alla televisione italiana che la corte aveva “torto”, ma ha detto che se Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant “dovessero andare in Italia, saremmo obbligati ad arrestarli secondo il diritto internazionale”.
Il governo non è sulla stessa lunghezza d’onda
Da parte sua, il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani è stato più cauto.
“Noi sosteniamo la Corte penale internazionale, ricordando che il tribunale deve avere un ruolo giuridico e non politico. Valuteremo con i nostri alleati come reagire e interpretare questa decisione”, ha reagito.
Giovedì è stato emesso un mandato d'arresto contro il primo ministro israeliano, l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant e la mente degli attentati del 7 ottobre, Mohammed Deif. Lo afferma l’IDF questo dirigente di Hamas è stato ucciso a luglio, ma la Corte ha ritenuto di “non essere in grado di determinare se il signor Deif sia stato ucciso o sia ancora vivo”.
L’Italia è uno degli oltre 120 Paesi che hanno ratificato lo Statuto di Roma, il trattato che ha istituito la Corte Penale Internazionale. “Gli Stati parti dello Statuto di Roma hanno l'obbligo di cooperare pienamente con la CPI e di prevedere nella loro legislazione nazionale procedure che consentano l'esecuzione di tutte le richieste di cooperazione”, scrive l'organo giudiziario sul suo sito web.
Altri paesi europei hanno reagito in seguito al mandato di arresto emesso dalla CPI. Il capo della diplomazia ungherese ha definito questa decisione “una vergogna”, mentre la Spagna ha affermato che “rispetta la decisione della Corte penale internazionale e rispetterà i suoi impegni e obblighi ai sensi dello Statuto di Roma e del diritto internazionale”.