Industria. Ahmed Reda Chami: “Il Marocco ha ancora spazio per diventare competitivo”

Industria. Ahmed Reda Chami: “Il Marocco ha ancora spazio per diventare competitivo”
Industria. Ahmed Reda Chami: “Il Marocco ha ancora spazio per diventare competitivo”
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Ahmed Reda Chami
Presidente del Consiglio Economico, Sociale e Ambientale (CESE)

Incontrato a margine della seconda Giornata Nazionale dell’Industria, Ahmed Reda Chami, presidente del Consiglio Economico, Sociale e Ambientale (CESE), ha presentato la sua analisi sulla competitività dell’industria marocchina, discutendo di questioni energetiche, innovazione e ostacoli all’assunzione di rischi nel settore privato.

Come interpreta la competitività del settore rispetto al costo dell’energia?
La questione energetica è al centro della nostra equazione competitiva. Abbiamo ancora un ampio margine di manovra per ottimizzare i costi. Le energie rinnovabili si presentano come una strada maestra, offrendo non solo la prospettiva di riduzione dei costi, ma anche un’importante risorsa per la decarbonizzazione. Questo approccio ci consentirebbe di anticipare con calma l’avvento della carbon tax, costituendo allo stesso tempo un potente fattore di attrattiva per gli investitori stranieri.

Come raggiungere questo obiettivo nella pratica?
Attraverso una revisione strutturale. Raccomandiamo, tra le altre cose, una chiara separazione tra attività di produzione, trasporto e distribuzione. In assenza di tale riforma, sarebbe difficile catalizzare l’interesse degli investitori privati, fondamentali per lo sviluppo del settore.

L’innovazione sembra occupare un posto preponderante nel tuo pensiero. Al di là dell’ecosistema UM6P, quali leve identifichi?
L’innovazione costituisce, infatti, una sfida cardinale. Attualmente, il Marocco spende solo lo 0,8% del suo Pil in ricerca e sviluppo, ben al di sotto della media OCSE del 2,3%. È importante capire che l’innovazione non si limita alla progettazione di tecnologie rivoluzionarie. Può riguardare altrettanto facilmente l’ottimizzazione dei processi, la reinvenzione dei metodi di distribuzione o anche i miglioramenti tecnologici. Per raggiungere questo obiettivo è fondamentale la sinergia con università e centri di ricerca.

Lei ha menzionato una certa riluttanza nel settore privato in termini di assunzione di rischi. Vale a dire?
Gli industriali sono, per natura, razionali. Quando un settore offre una redditività soddisfacente, non esitano a investire. Tuttavia, il “costo della scoperta”, un termine preso in prestito dagli economisti, spesso rallenta questo movimento verso l’alto. Diventa imperativo istituire meccanismi di incentivazione, come fondi di venture capital appositamente dedicati. Questi fondi condividerebbero il rischio con l’industriale, integrando il tradizionale finanziamento bancario. Un esempio significativo è rappresentato dall’industria automobilistica, dove l’apertura del mercato ha favorito il tanto atteso passaggio verso l’alto.

Ayoub Ibnoulfassih / Ispirazioni ECO

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