Telecamera, microfono e inclusione: un laboratorio mediatico per dare voce alle persone con disabilità

Telecamera, microfono e inclusione: un laboratorio mediatico per dare voce alle persone con disabilità
Telecamera, microfono e inclusione: un laboratorio mediatico per dare voce alle persone con disabilità
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Pubblicato il 10 maggio 2024 alle 14:22 / Modificato il 10 maggio 2024 alle 14:25

Camille Thuégaz era molto stressata il giorno prima del grande giorno. Tuttavia, quando la 22enne vallesana si è ritrovata sotto i riflettori bianchi, davanti alle telecamere e… davanti a Christian Constantin, ha prevalso la calma. “Gli ho chiesto quale fosse il suo paese preferito e se gli piaceva il suo lavoro”, ricorda, felice della sua esperienza. Come Camille, una sessantina di persone con disabilità intellettiva si sono riversate in un laboratorio dal nome evocativo: “La parola e il nostro”. Il campo? Introducete i partecipanti al mondo dei media e supervisionateli per le interviste con “star” di loro scelta – in questo caso, per le prime due sessioni, il suddetto presidente dell’FC Sion e il consigliere di Stato Mathias Reynard.

Questo progetto di giornalismo inclusivo è l’ultimo di FOVAHM – una fondazione vallesana che sostiene le persone affette da disabilità mentale, in particolare nel loro inserimento professionale – ed è il risultato di una collaborazione con la televisione Canal9. “L’idea era quella di dare visibilità a queste persone facendo parte di un approccio partecipativo. Si tratta di “fare cose con” loro e non di parlare per loro”, spiega il direttore del FOVAHM Daniel Zufferey. “La parola è nostra” intende dare “giusto spazio”, soprattutto sui media, a queste persone su argomenti che vanno oltre la sola questione della disabilità, per evitare che diventi la loro caratteristica principale. E promuovere così un’inclusione più naturale nella società.

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