Al Vlaams Huis, bar di Belang, l’arrivo di un giornalista di La Libre Belgique non passa inosservato

Al Vlaams Huis, bar di Belang, l’arrivo di un giornalista di La Libre Belgique non passa inosservato
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Alle pareti non si contano i leoni fiamminghi dagli artigli neri su sfondo giallo, né i manifesti elettorali “Ander&beter” di cui sorride orgoglioso Tom Van Grieken, l’attuale leader del Vlaams Belang. È apparso qui anche come guest star il mese scorso. In questo martedì mattina solo poche sedie restano libere. L’arrivo di un giornalista da La Libre Belgique non passa inosservato. Prendere in prestito la lingua di Vondel non cambia nulla. Gli occhi si girano. Gli occhi sono stretti, più per curiosità che per ostilità. Qui tutti passano da un tavolo all’altro. Di conseguenza, attraverso la nostra presenza e le nostre domande, una certa diffidenza aleggia rapidamente nell’aria. Questo luogo d’incontro destinato “tutti i fiamminghi che difendono la cultura, l’unità e le tradizioni fiamminghe” è anche l’ufficio settimanale di Guy D’haeseleer. Ascolta le lamentele dei suoi visitatori e dà i suoi consigli, come in pratica un sindaco.

Huis fiammingo a Ninove ©Jean Luc Flemal

“Non sono né razzista né nazista…”

Una volta seduti al tavolo, dove quattro pensionati discutono davanti a tanti bicchieri di birra pieni quanti quelli appena scolati, discutiamo sulle motivazioni del loro voto estremista e di protesta. Giovane pensionato e gran chiacchierone, Rudy critica subito il cordone sanitario che gli impedisce, a suo dire, di influenzare la vita politica. “Paghiamo le tasse come tutti gli altri e chiediamo leggi ferme sull’immigrazione, come in Danimarca o Australia, ma soffochiamo la nostra voce. È scandaloso pretendere soluzioni all’immigrazione di massa prima di aprire ulteriormente le frontiere? È scandaloso che le donne musulmane si rifiutino di togliersi il velo per trovare lavoro. Non sono né razzista né nazista… inoltre sono nato molto dopo la guerra, quindi non potrei esserlo”. Jean-Pierre, aggrappato alla sua pilsner, è d’accordo e continua, amareggiato: “Questi nuovi arrivati ​​mi passano accanto ogni giorno, non mi salutano mai.”

Le nostre discussioni si interrompono bruscamente con l’arrivo notevole di Guy D’haeseleer, il capo. Imponente ma sospettoso, questo esperto consigliere sociale ci racconta di essere stato molto segnato, durante i suoi studi a Bruxelles, da “Immigrazione massiccia ed esclusione dei fiamminghi dalla capitale. Vogliamo che le persone lavorino, rispettino le regole e parlino olandese. A Belang non ci interessa il colore della pelle”. Ben diversa la storia della sindaca liberale Tania De Jonge: “Anche se è molto attento, Guy D’haeseleer dice cose che sono razziste e stigmatizzanti ai miei occhi in consiglio comunale. Ho paura di un’agenda nascosta”.

Prima di lasciare questo bar partigiano, sentiamo il successo popolare di Forza Ninove potrebbe anche essere spiegato dai progetti sociali che il partito ha messo in atto per aiutare gli indigenti del comune. All’inizio dell’anno scolastico e alla vigilia di Natale sono stati distribuiti più di 200 cestini confezionati. Queste azioni sociali sostengono l’ambizione politica. E questo è attraente, ce lo raccontano i locali. E non solo al Vlaams Huis…

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