Il teatro di un presidente senza visione (di Cheikh Niang, ambasciatore in pensione del Senegal)

Il teatro di un presidente senza visione (di Cheikh Niang, ambasciatore in pensione del Senegal)
Il teatro di un presidente senza visione (di Cheikh Niang, ambasciatore in pensione del Senegal)
-
Il teatro di un presidente senza visione (di Cheikh Niang, ambasciatore in pensione del Senegal)

Durante la conferenza degli ambasciatori francesi, tenutasi il 6 gennaio 2024, il presidente Emmanuel Macron si è impegnato in un esercizio che gli è ormai familiare: quello di un sofista capace di spacciare una ritirata strategica per un’avanzata controllata. In un discorso improntato all’autocompiacimento, ha assicurato che la Francia in Africa non è in declino ma in piena “riorganizzazione”. Eppure, sotto questa patina di finta fiducia, emerge il ritratto di un presidente senza visione, più interessato alle spinte che alla profonda introspezione richiesta dal ruolo di uno statista.

Presentare la partenza delle truppe francesi dall’Africa come una decisione sovrana del potere francese è un’illusione. In realtà, la Francia non ha scelto di uscire: è stata spinta verso l’uscita da persone stanche di un partner percepito come arrogante e disconnesso. Gli appelli al ritiro delle basi militari richiesti dai popoli africani interessati riflettono il rifiuto di decenni di paternalismo mascherato da cooperazione. Di fronte a questa cruda verità, Macron preferisce chiudersi in una retorica di rimprovero, lamentandosi dell’”ingratitudine” africana. “Credo che ci siamo dimenticati di dire grazie”, ha detto con un’ironia che tradisce una profonda incomprensione delle dinamiche storiche e politiche.

Grazie per cosa? Per interventi militari spesso percepiti come interferenze?

Per partenariati sbilanciati che hanno mantenuto il continente in una dipendenza cronica?

Sostenendo che gli stati africani devono la loro sovranità all’esercito francese, Macron insulta la storia di persone che, per decenni, hanno combattuto per la vera indipendenza. Questo atteggiamento rivela un peccato debilitante: la totale assenza di visione strategica per la Francia. Uno statista veramente lucido avrebbe capito che il mondo sta cambiando, che l’Africa si sta trasformando e che è urgente ridefinire le basi di un partenariato rispettoso ed equo. Invece, il presidente Macron persiste nel credere che gli effetti retorici saranno sufficienti a mascherare l’erosione dell’influenza francese. La sua concezione della diplomazia si basa più su frasi shock e atteggiamenti teatrali che su una profonda riflessione sul ruolo della Francia in un mondo multipolare. Il declino della Francia va ben oltre i confini dell’Africa.

Sotto la presidenza di Emmanuel Macron, la Francia si è progressivamente isolata sulla scena internazionale, incapace di rafforzare le proprie alleanze e di affermarsi come potenza credibile di fronte alle sfide globali contemporanee. Un esempio eclatante è stato l’affronto inflitto alla Francia nel settembre 2021, quando l’Australia ha annullato un contratto da 56 miliardi di euro firmato nel 2016 per i sottomarini convenzionali, rivolgendosi invece a un’alleanza strategica (AUKUS) con Stati Uniti e Regno Unito per i sottomarini a propulsione nucleare . Inoltre, l’assenza di un orientamento chiaro da parte della Francia sulla situazione in Palestina, in particolare sulla tragedia di Gaza, obbedisce alla stessa sindrome di perdita dell’orientamento ma anche di abbandono dei principi di verità e giustizia.

I grandi statisti si distinguono per la loro capacità di anticipare, di reinventare, di costruire ponti dove gli altri vedono ostacoli. Il presidente Macron preferisce consolidare la propria immagine, confondendo la lucidità con la giustificazione dello status quo. In Africa, questa mancanza di visione è ancora più evidente. Laddove la Francia avrebbe potuto posizionarsi come partner d’elezione per sostenere l’emergere di nuove potenze africane, è diventata un peso stagnante, una presenza ingombrante. Mentre gli altri partner si concentrano sulle relazioni economiche e strategiche, Macron rimane impantanato nella retorica neocoloniale che non fa altro che consolidare il rifiuto della Francia.

Il partenariato lodato dal presidente francese è pari solo alla sua incapacità di ascoltare e rispettare le aspirazioni del popolo africano. La Francia non si sta “riorganizzando” in Africa. Sta andando indietro, e questa regressione è il risultato diretto della mancanza di visione di un presidente che confonde arroganza e leadership. I grandi statisti sanno riconoscere i propri errori, comprendere i cambiamenti del mondo e adattarsi con umiltà e intelligenza. Macron, dal canto suo, si rifugia in uno sconcertante autocompiacimento, sperando che il gioco di luci e ombre basti a mascherare le crepe di una politica estera in rovina. Tuttavia, la ripresa non è irrevocabilmente compromessa, perché la Francia dispone ancora di risorse che può sfruttare per stabilire sane relazioni con l’Africa. Ma ciò sarà possibile solo se dimostrerà una vera lucidità, non quella descritta da Emmanuel Macron, ma quella basata sul buon senso e su una comprensione illuminata delle realtà contemporanee.

Sceicco Niang

Ambasciatore in pensione del Senegal

-

PREV 100 prescrittori spagnoli e portoghesi invitati dall’ONMT
NEXT Gli ingegneri interministeriali continuano i loro scioperi