Imposta immobiliare a Parigi: i proprietari cedono ad Anne Hidalgo dopo “aumenti sproporzionati”

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Editoriale Parigi

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29 giugno 2024 alle 6:16

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Un aumento delle tasse che non passa e si invita in tribunale. Il tribunale amministrativo di Parigi ha rifiutato di trasmettere al Consiglio di Stato le questioni prioritarie di costituzionalità (QPC) che a venti proprietari a proposito degli “aumenti sproporzionati” delle tasse immobiliari a Parigi.

Nessuna tutela” per regolare l’aumento di questa tassa sulla proprietà

Nel febbraio 2024, questi contribuenti avevano infatti adito il tribunale per chiedere “lo sgravio del contributo fiscale sugli immobili edificati” al quale erano stati soggetti per l’anno 2023. Allo stesso tempo, avevano chiesto a questa stessa giurisdizione di trasmettere al Consiglio di Stato una questione prioritaria di costituzionalità (QPC). Un sistema che permette ai giudici supremi di essere interrogati sulla conformità di una legge con la Costituzione francese.

I proprietari parigini mettevano infatti in dubbio la legalità della legge “sulla rettifica delle imposte locali dirette”: le sue disposizioni sarebbero contrarie al “principio di uguaglianza” tra i contribuenti francesi poiché “non prevedono pazzie” per regolamentare l’aumento di questa tassa sulla proprietà.

“Fissando solo un limite molto relativo per gli enti locali, che possono moltiplicare l’aliquota (…) per due e mezzo ogni anno, portando così ad aumenti sproporzionati dell’imposta sulla proprietà, queste disposizioni ignorano il principio di uguaglianza”, hanno spiegato i loro avvocati.

Una densità di popolazione “impareggiabile” con altre città

Lo hanno visto anche come un “attacco al diritto di proprietà” poiché i contribuenti parigini “hanno visto la loro imposta sulla proprietà (…) aumentare del 7,1% mentre allo stesso tempo l’aumento reale degli affitti è stato limitato al 3,5%. “Dal 2018, l’imposta sulla proprietà è indicizzata su un indice inadeguato che non è né indicativo dell’inflazione in Francia, né dell’aumento degli affitti”, sostengono anche nei loro scritti.

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Nelle sentenze del 14 maggio 2024, appena rese pubbliche, il tribunale amministrativo di Parigi constata invece che “il legislatore (…) ha stabilito (…) limiti entro i quali la comunità è autorizzata a variare l’aliquota delle varie tasse che riscuote”.

Inoltre, “il principio di uguaglianza davanti alla legge non impedisce al legislatore di disciplinare diversamente situazioni diverse, né di discostarsi dall’uguaglianza per ragioni di interesse generale”, ricordano i giudici parigini. Basta allora che “la differenza di trattamento sia direttamente collegata all’oggetto della legge che la stabilisce”.

Tuttavia, i proprietari parigini “non possono essere considerati posti in una situazione identica” a quella dei proprietari “situati fuori Parigi”: la capitale “concentra una densità di popolazione (…) senza misura comune rispetto ad altri comuni, o anche ad alcuni dipartimenti.

“Il legislatore ha potuto tener conto delle specificità dell’organizzazione territoriale della città di Parigi (…) senza trascurare (…) il principio di uguaglianza”, conclude quindi il tribunale amministrativo di Parigi. Poiché le argomentazioni dei ricorrenti “non presentano carattere di gravità”, non occorre “trasmetterle al Consiglio di Stato”.

MJ-PressPepper

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