Recensione: Virginie Despentes nel Nuovo Mondo, ovvero la rivoluzione delle donne venerate

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L’autrice dell’indimenticabile King Kong Theory è stata domenica sera a Le Nouveau Monde, dove tornerà lunedì per presentare la sua panoramica punk dei femminismi contemporanei. Di grande impatto!

Casey, Béatrice Dalle e Virginie Despentes, tre donne arrabbiate davanti ai quattro uomini in concerto del combo post-punk Zëro. © Chloé Lambert

Casey, Béatrice Dalle e Virginie Despentes, tre donne arrabbiate davanti ai quattro uomini in concerto del combo post-punk Zëro. © Chloé Lambert

Pubblicato il 28/04/2024

Tempo di lettura stimato: 3 minuti

Non pensavamo che un giorno avremmo dovuto fare riferimento ad Aristotele uscendo da un recitativo femminista. Ma c’era davvero in questa comunione di avanguardie impegnate il rassicurante incendio catarsidove la scena fa rivivere i simboli di un malessere contemporaneo, purga l’animo del pubblico dalla sua rabbia inespressa.

Una folla, insomma, ieri sera al Nouveau Monde! Attento, vibrante, plurale, molto femminile, anche maschile, giovane soprattutto, insomma siamo sconvolti perché sì, colpisce qui, al cuore di questo incantesimo militante fomentato dalla sacerdotessa del rock Virginie Despentes, e diretto contro il prurito del sessismo, razzismo, eteronormatività, fallocrazia, intolleranza ambientale.

Pronunciato, ruttato

Non è venuta da sola, l’autrice dell’indimenticato La teoria di King Kongaccompagnato da altri ardenti promotori di Problemi, dal nome di questo pamphlet performativo che porta in tournée dopo aver già portato sul palco le parole dei ribelli Pasolini e Calaferte. Al fianco dell’oracolare, come previsto, la fedele Béatrice Dalle (creoli nelle orecchie, rosa negli occhi, emozione giocata sulla superficie delle parole), e il “nemico dell’ordine” Casey, rapper dal timbro tagliente, dal morso tagliente contro l’asfalto delle città. Tre donne arrabbiate in piedi di fronte a quattro uomini in concerto, il combo post-punk lionese Zëro che accompagna i testi pronunciati, cantati ed eruttati con la loro vertiginosa asprezza.

Messaggeri, umili ma veementi, venerati ma venerati, con parole incendiarie.

Virginie Despentes, figura oracolare del femminismo rock contemporaneo.
© Chloé Lambert

Leggii decorati con piccole lampade, testi stampati su fogli A4, bicchieri: è un’esperienza di lettura. Bassi schiaccianti, luci fumose, atmosfere ipnotiche: è uno spettacolo. A dire il vero non lo sappiamo, non si tratta di letteratura o rock ma di rivoluzione. IL noi è in prima scena, le stelle vestite di nero sono solo messaggere, umili ma veementi, venerate ma venerate, con frasi incendiarie.

Dalla grande voce americana Donna Haraway all’influente pensatore della società degenere Paul B. Preciado passando per la pioniera Angela Davis, è un panorama molto denso di nuovi femminismi nutriti di ecologia, filosofia queer e antirazzismo. In un formato a metà tra il TED Talk sulla convergenza delle lotte e la jam rumorosa, i testi si susseguono, letti in polifonia o in assolo, in cui si tratta di Chthulucene, antivirilismo, gerarchia dei sessi, di transitorietà e relazione al non umano. Su pulsazioni dalle distorsioni inebrianti, sempre attentamente distillate, le parole della prima ecofemminista Françoise d’Eaubonne svolazzano nel vento di un altro tempo, il nostro, dove resta ancora molto da fare. “Siamo per l’abolizione totale e irreversibile del sessismo e del patriarcato!” e la folla approva rumorosamente, alzando birra o dita a V.

Di fronte a noi, a loro focalizzando tutte le battute finali. Ma questo colpisce digest del lettore del femminismo teorico non diventa, tuttavia, indicativo. “C’è un solo universo, uguale per tutti”, ricorda Despentes nel suo stesso testo che è un salutare richiamo alla dolcezza e alla benevolenza. Un’ora e dieci dopo, “non abbiamo richiamato, grazie, è stato bellissimo”, le luci si riaccendono e il merchandising attende il pubblico all’uscita: magliette, spille. E libri da rileggere.

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