rintracciare i fatti può portare alla verità?

rintracciare i fatti può portare alla verità?
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Già da nove mesi un’unità investigativa nazionale è mobilitata per cercare di far luce sulla scomparsa del piccolo Émile, di due anni e mezzo, avvenuta sabato 8 luglio 2023 vicino alla seconda casa della famiglia, nel villaggio di Vernet. Questo giovedì, 28 marzo, un vasto sistema di gendarmeria supervisionerà uno “scenario” in cui 17 persone sono state convocate dai giudici inquirenti incaricati del caso.

Commissario di polizia da quasi 15 anni, Régis Cayrol, 72 anni, ha trascorso 30 anni nella magistratura, di cui 18 anni di studi ad Alès e Nîmes (Gard). Ha presieduto per 12 anni le Assise a Carcassonne (Aude), Montpellier (Hérault), Perpignan (Pirenei orientali) e Rodez (Aveyron). Ha presieduto in particolare il processo contro Jacques Rançon, l’assassino della stazione di Perpignan. È coinvolto nel master in pratiche giuridiche e giudiziarie presso l’Università di Montpellier.

Come si svolge uno scenario? Quali sono le sfide per investigatori e magistrati?

«Il più delle volte tale presentazione viene fatta “al volo”, per stabilire l’andamento dei fatti sulla base degli elementi raccolti nel corso del procedimento e il più delle volte prima dell’udienza. Per questo è necessaria una vittima, uno o più potenziali autori o che abbiano, ad esempio, riconosciuto la propria responsabilità, il che non è il caso nel caso per il quale mi interroga. Una revisione può anche indurre la/e parte/e interessata/e a modificare le proprie dichiarazioni qualora evidenzi evidenti incongruenze. La posta in gioco, tuttavia, è limitata”.

Secondo lei, una situazione senza vittima trovata e senza presunto colpevole può essere decisiva in un procedimento penale?

“In un procedimento penale, bisogna fare tutto il possibile e non trascurare nulla che possa essere una pista o l’inizio di una pista, quindi perché no? Quello che è certo è che ritardare troppo lo svolgimento di un’indagine successivamente ne rende impossibile o comunque molto difficile lo svolgimento. Ciò che c’è da temere è che si tratti di un’indagine dell’ultima possibilità. La determinazione dei miei colleghi è esemplare e la meticolosità con cui sono certo che hanno preparato questa rievocazione potrebbe risultare favorevolmente nella ricerca della verità. Mi fido di loro. Detto questo, conosco questo dossier solo attraverso gli elementi passati attraverso il prisma distorcente dei media”.

Perché le ricostruzioni sono spesso considerate inutili?

“Si tratta di atti estremamente convenzionali, preparati dagli imputati e dai loro consigli che lasciano, nonostante le apparenze e ciò che l’opinione pubblica sembra credere, poco spazio alla sorpresa o alla drammaticità degli eventi. La difesa non ama le sorprese e nemmeno l’accusa. Talvolta possono, nella migliore delle ipotesi, aiutare a risolvere gli ultimi dubbi ma, più spesso, servono ad illustrare la procedura e l’informazione giudiziaria nello stato in cui si trova al momento della chiusura. La ricostruzione condivide con il confronto la qualificazione di “atto maledetto”. Se implementato è spesso di scarsa utilità, se omesso porta a una litania di rimproveri per la sua assenza”.

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