Libro sul cinema: Aurélien Ferenczi indaga il mistero di Dorléac

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Aurélien Ferenczi guarda al mistero di Dorléac

Pubblicato oggi alle 12:55

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È un piccolo libro per quello che sembra un piccolo argomento. In 156 pagine di un’opera come sempre presentata in maniera attenta da Actes Sud, Aurélien Ferenczi ci propone “Alcune ipotesi su Françoise Dorléac”. Un’attrice che ha lasciato il segno nel cinema francese, poi internazionale all’inizio degli anni ’60, in breve la sorella maggiore di Catherine Deneuve. Descritta all’epoca come “Garbo incompiuta”, che mal corrispondeva al suo carattere estroso e frenetico, l’attrice morì all’età di 25 anni il 26 giugno 1967. Incidente stradale. Bruciato vivo. Una catastrofe avvenuta pochi giorni prima dello scontro automobilistico che interruppe bruscamente la traiettoria di Jayne Mansfield in Louisiana. Una notizia altrimenti pubblicizzata. Ancora nel 2011, Simon Liberati riusciva a fare dell’esplosiva ex bionda il soggetto di un bellissimo libro, edito da Grasset e incoronato dal Prix Femina.

Il trionfo de “L’uomo di Rio”

Niente grandi organi per Françoise Dorléac, di cui pochi film vengono ricordati. Va detto che oggi questi stanno diventando brevi. Se la generazione Y, o addirittura , che fu un trionfo commerciale, o “The Soft Skin” (1963) di François Truffaut, che fu semplicemente un successo? Tuttavia, alcuni titoli conservano ancora la loro popolarità, come l’ultimo lungometraggio al quale Françoise ha collaborato, “Les demoiselles de Rochefort” di Jacques Demy nel 1967. Scatola di immagini, la televisione è anche un barattolo di formaldeide. Nel bene e nel male…

“L'uomo di Rio” con Belmondo. Uno dei maggiori successi commerciali del cinema francese nel 1964.

Ma è soprattutto un ritratto quello che Aurélien Ferenczi vuole dipingere. Quella di una donna sfuggente, insoddisfatta e un po’ instabile. Françoise Dorléac ha affermato, pur dubitando. Niente era mai abbastanza perfetto. Né film, né uomini, e soprattutto se stessa. Eppure viveva in una Francia che col senno di poi ci sembrava spensierata. Nato durante la guerra in una famiglia di attori, l’adolescente prosperò nell’atmosfera permissiva degli anni Sessanta. Dormivamo molto in quel periodo. La sua carriera è iniziata con facilità. Un’avventura in cui aveva trascinato una sorella minore nella quale non avrebbe mai più voluto vedere una rivale. Eppure… Appena uscito “Parapluie de Cherbourg”, nel 1964, fu celebrata la messa. Fu Catherine Deneuve a diventare la star nazionale che rimane oggi. C’era spazio per entrambi? Difficile dirlo col senno di poi. Ma per Michael Caine, con il quale Françoise girò una di queste improbabili coproduzioni internazionali che si moltiplicavano all’epoca, le cose erano chiare. Il successo della sorella minore costrinse la maggiore ad emigrare.

“La Pelle Morbida” di Truffaut del 1963. Un successo di stima, insomma un onorevole “fallimento”.

Questo bel libro è una riflessione personale. Sempre riservata, Catherine Deneuve non ha partecipato. Morta di recente all’età di 109 anni, e nemmeno sua madre. Tutto viene quindi presentato sotto forma di ipotesi. Questo è in definitiva un fan book. Ora, non so se l’hai notato. Lo faccio, consultando i siti su internet dedicati alle star più dimenticate (generalmente americane). Meno fedeli rimangono, più appaiono ardenti. Sono i guardiani del culto. I proprietari del tempio. C’è un fan club di Françoise Dorléac. Potremmo considerarlo generazionale. Non è così. Aurélien Ferenczi, che scrive in particolare su “Télérama”, aveva cinque anni quando Françoise (il “Lampone” del titolo, le donne hanno spesso un profumo fruttato) morì sulla strada, il 26 giugno 1967.

Pratico

“Framboise, Alcune ipotesi su Françoise Dorléac, pubblicato dalle edizioni Institut Lumière e Actes Sud, 156 pagine.

“Les demoiselles de Rochefort” di Jacques Demy con Catherine Deneuve. Una commedia musicale, per finire.
Notiziario

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Nato nel 1948, Etienne Dumont studiato a Ginevra che gli furono di scarsa utilità. Latino, greco, diritto. Avvocato fallito, si dedicò al giornalismo. Molto spesso nelle sezioni culturali, ha lavorato dal marzo 1974 al maggio 2013 alla “Tribune de Genève”, iniziando parlando di cinema. Poi vennero le belle arti e i libri. Per il resto, come potete vedere, nulla da segnalare.Più informazioni

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