Il libro di Hitler tagliato in un ricettario

Il libro di Hitler tagliato in un ricettario
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Seduto in un caffè di Vienna, Andreas Joska-Sutanto ritaglia lettera per lettera “Mein Kampf” di Adolf Hitler per farne un libro di cucina, trasformando “il negativo in positivo” e “svuotando queste parole velenose della loro sostanza”. Un lavoro certosino, iniziato quando i diritti sul manifesto politico del dittatore sono diventati di pubblico dominio, otto anni fa. “Sono a pagina 100”, afferma questo graphic designer di 44 anni. Dopo quasi 900 ore di lavoro a forbice solo sulla parte anteriore, solo un quarto del gigantesco progetto è stato completato.

Per qualche ora a settimana è meglio non pensarci troppo: secondo i suoi calcoli, gli ci vorranno altri 24 anni per finire il famigerato pamphlet di quasi 800 pagine, ovvero 1,57 milioni di vocali e consonanti. Una volta estratte dall’antica opera con scrittura gotica, vengono ordinate e conservate in un organizer. Poi Andreas Joska-Sutanto lo ha utilizzato per il suo progetto di libro che comprendeva già una ventina di ricette, come quella di una pizza ereditata da suo padre, un’insalata di asparagi o addirittura gli gnocchi all’uovo, una specialità tipicamente austriaca di cui il Führer era molto amato.

Come un cuoco con i suoi ingredienti, «voglio decostruire e trasformare» il lavoro che ha fatto tanto male «alleviandolo dal suo peso», spiega. E se ha lasciato intatto il ritratto in bianco e nero del dittatore all’inizio del grande libro, consunto e ormai spalancato, è per dimostrare che “privato delle sue parole”, Hitler è ridotto a “guardare nel vuoto”. Il gestore del bar, Michael Westerkam, 33 anni, accoglie con favore questo progetto unico, perché sensibilizza l’opinione pubblica su un tema difficile in questo quartiere operaio di periferia.

Non a tutti però piace: Andreas Joska-Sutanto, che non ha in mente un editore per il suo “Kein Mampf” (“Vietato abbuffarsi”, nome provvisorio), ammette di aver già dovuto chiedere scusa a chi ritiene che il loro approccio “non appropriato”. Anche uno specialista di questo periodo, che preferisce restare anonimo, ritiene che la rilevanza storico-artistica dell’iniziativa resti “limitata”, definendola “strana”.

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