Byung-Chul Han, “Vita contemplativa o inattività” (Actes Sud)

Byung-Chul Han, “Vita contemplativa o inattività” (Actes Sud)
Descriptive text here
-

Elogio della non-azione. Parlare oggi di rivoluzione digitale, come ieri si parlava di rivoluzione industriale, per descrivere l’accelerazione tecnologica che stiamo vivendo non è certo nulla di originale. Ma cosa intendiamo esattamente con questo? Nato in Corea nel 1959, Byung-Chul Han, questo malinconico pensatore della postmodernità, non ha mai smesso di esplorare la questione. Libro dopo libro, La società della fatica (Circé, 2014, recentemente ripubblicato da PUF) al suo nuovo saggio Vita contemplativa o inattività (Actes Sud), il filosofo coreano di lingua tedesca medita sui diversi aspetti della nostra vita nell’era virtuale e in un momento in cui l’orologio corre sotto la pressione della legge di un mercato deregolamentato.

Internet ha causato un tale sconvolgimento che la nostra condizione di esseri umani sarà radicalmente cambiata. Con i computer, gli smartphone e gli altri schermi connessi stiamo assistendo ad una vera e propria rottura antropologica, una mutazione in senso quasi biologico. Dal manuale al digitale, dall’homo faber, l’artigiano dei primi tempi, all’uomo aumentato che il 21° secolo ci promettee secolo… non è più una questione di grado ma di natura. C’è un prima e un dopo del digitale. Indipendentemente da ciò, gli individui rimangono esseri incarnati ed è la loro connessione con gli oggetti e gli altri che stabilisce la sensazione di esistere e, in definitiva, di conoscere se stessi.

La mano è un’intelligenza, che è un comprendere in quanto è una prensione. Afferrare un oggetto è toccarlo. Il pensiero umano è intuizione e carezza. L’intelligenza artificiale è solo calcolo e computazione. Il dito che tocca sulla tastiera o scorrere non inserisce nulla, punta semplicemente a ciò che sta cercando nel menu e fa clic sulla scheda. Viene da “dito”. digitale in latino, che è anche la radice di cifra, “numero” in inglese: ciò che conti sulla punta delle dita. I numeri consentono al computer (computer) calcolare (calcolare). Di cifra deriva l’aggettivo digitale, “digitale”.

Byung-Chul Han lo ha già analizzato in La fine delle cose (Atti Sud, 2022). Prendendo l’esempio del cellulare, il filosofo ha mostrato fino a che punto il cellulare, per quanto intimo possa essere, non è una cosa simile a un peluche, al quale ci attacciamo come un oggetto – il bambino non lascia andare il suo orsacchiotto orso, anche peloso, anche con un occhio solo… Mentre un cellulare, lo sostituiamo con un nuovo modello: un telefono è una funzionalità senza effetto. IL touch screen impedisce di toccare, autoscatto blocca lo sguardo, lo sguardo vero rivolto all’altro e alla vita. Proprio come l’informazione non è cultura, la connessione non è relazione. Esortandoci a fare spazio al riposo in mezzo al tumulto e, come Peter Handke, ad assumere a “fatica eterea”, Byung-Chul Han si riconnette al romanticismo la cui estetica è una comunione con la natura. Elogia così il lusso, non il lusso mercantile, ma questo tempo libero di immersione nelle cose, in vista del nulla, in cui sospendiamo ogni attività, diventando pura immanenza che non è altro che felicità di essere vivi.

Byung-Chul Han
Vita contemplativa o inattività
Atti del Sud
Tiratura: 3.500 copie.
Prezzo: 17€; 144 pagg.
ISBN: 9782330186630

-

PREV Mercoledì hanno letto libri 7000 svizzeri e più
NEXT Autore di due libri a 19 anni, Louis Lefèvre usa le parole per guarire