In 10 anni la popolazione delle tigri in Nepal è triplicata. Un successo notevole in termini di conservazione della fauna selvatica, ma che pone problemi in termini di convivenza. Gli attacchi delle tigri sono aumentati nel territorio, spingendo il primo ministro nepalese a proporre misure radicali.
È un paradosso che agita il Nepal. In pochi anni il Paese è diventato un modello per la conservazione della tigre. In dieci anni la popolazione di questi felini è triplicata, passando dai 121 del 2009 ai 355 di oggi. Un successo acclamato a livello internazionale, ma criticato in alcune zone rurali dove gli attacchi delle tigri sono preoccupanti.
In risposta, il primo ministro nepalese ha suggerito di offrire alcuni di questi felini ai paesi alleati, come l’India o la Cina, per allentare la pressione. Vuole anche ridurre la copertura forestale dal 47 al 30% per limitare i rischi per i residenti.
Forti reazioni degli ambientalisti
Queste proposte hanno provocato i difensori dell’ambiente, i quali ritengono che la colpa non sia della sovrappopolazione delle tigri, ma piuttosto della distruzione del loro habitat naturale. Sono contrari alla riduzione delle foreste, che potrebbe peggiorare la situazione.
Incoraggiano il Nepal a trarre ispirazione da esempi di convivenza di successo, come in India, dove le zone cuscinetto e le campagne di sensibilizzazione hanno contribuito a limitare gli attacchi, o in Sud Africa, dove i corridoi ecologici hanno allentato le tensioni tra la fauna selvatica e le comunità locali.
Zoé Decker/hkr
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