le immagini del lutto non dicono nulla dell’odio degli iraniani per un potere carnefice: Libération

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le immagini del lutto non dicono nulla dell’odio degli iraniani per un potere carnefice: Libération
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TRIBUNA

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La madre dell’antropologo Chowra Makaremi morì nelle purghe del 1988 alle quali aveva partecipato il presidente morto il 18 maggio. Sottolinea la violenza del trattamento mediatico che ha favorito la folla in lacrime rispetto ai messaggi di gioia sui social network che erano un modo per dire: “Siamo ancora qui, non dimentichiamo e non perdoniamo”.

Trentasei anni fa, un elicottero portò quattro membri dei ministeri della Giustizia e dell’Intelligence iraniani di prigione in prigione in tutto il Paese: la loro missione era interrogare gli oppositori detenuti che sfilavano davanti a loro in lunghe file, per poi ordinarli in due file. Quelli di sinistra andavano incontro alla morte, quelli di destra tornavano nelle loro celle dove venivano frustati al momento di ogni preghiera, finché non accettavano di pregare o morivano a loro volta sotto i colpi. Le linee a sinistra erano le più grandi, testimoniano i sopravvissuti. Ma nessuno di loro sapeva allora cosa significassero questi smistamenti e cosa li aspettasse. Le domande erano insolite: “Preghi?”, “I tuoi genitori hanno pregato?”, “Cosa pensi della Repubblica Islamica?”

I prigionieri, la maggior parte dei quali erano detenuti dall’inizio degli anni ’80, stavano scontando la fine della loro pena: era stato detto loro che sarebbero andati davanti a una “commissione di amnistia”. Il gruppo era, in realtà, responsabile dell’attuazione del decreto della Guida Suprema, Khomeini, che ordinava la morte di tutti i prigionieri rimasti “fedeli alle loro posizioni”. Non sappiamo quanti morirono, quando e come in quei mesi estivi del 1988, almeno diverse migliaia. Mia madre era una di loro. In questa “commissione della morte”, come da allora è stata chiamata, sabato

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