REPORTAGE – La mattina presto in queste comunità si è scatenata la violenza. Con i morti e gli ostaggi è svanito un ideale. Dodici mesi dopo, le ferite sono aperte e gli abitanti non sanno più quale futuro inventarsi.
Cadaveri, pozze di sangue, auto mitragliate, bruciate, ribaltate in mezzo alle strade, gente smunta, il rumore continuo delle esplosioni e degli spari, l’odore del fuoco e della morte, il caos, la paura. Lo scoppio della violenza al mattino presto, in un giorno festivo, è il suo scatenamento assoluto. Nessuno di coloro che hanno vissuto la terribile giornata del 7 ottobre 2023 potrà dimenticare.
Fino ad oggi il Kibbutz Beeri, come il vicino Kibbutz Reim, godeva di un relativo anonimato e di una certa prosperità. Secondo i loro abitanti erano piccoli angoli di paradiso, a una manciata di chilometri dalla Striscia di Gaza. Condussero una vita semplice e laboriosa, sempre fedele all’ideale originario di queste comunità socialiste. La maggior parte dei “kibbutzim” erano di sinistra, pacifisti, laici e ferventi oppositori di Benjamin Netanyahu. Alcuni avevano stretto amicizie con famiglie di Gaza: erano operai venuti a lavorare nel kibbutz…
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