In Il brutalistadi Brady Corbet, incoronato con il Leone d’Argento per la miglior regia alla Mostra del Cinema di Venezia e tre Globi d’Oro, tra cui quello come miglior attore, Adrien Brody interpreta un geniale architetto ungherese che viene a tentare la fortuna negli Stati Uniti alla fine degli anni Quaranta.
Ogni volta che ha la possibilità di parlare, Brady Corbet (L’infanzia di un leader, Vox Lux) ricorda con emozione i sette anni di difficoltà che ha attraversato con la moglie e co-sceneggiatrice Mona Fastvold per completare il suo terzo lungometraggio. E questo, nonostante un budget limitato di 10 milioni di dollari, una somma irrisoria per un’opera di tale portata, di ambizione sproporzionata, girata in formato 70 mm, più precisamente in VistaVision, una tecnologia lanciata dalla Paramount nel 1954.
Ma il tutto, magistralmente fotografato da Lol Crawley, doveva durare più di tre ore? Che imponiamo al pubblico un intervallo di un quarto d’ora? A corto di energia nel secondo atto, che culmina in una conclusione improvvisa, Il brutalista (Il brutalistanella versione francese) avrebbe sicuramente beneficiato di un editing più accurato da parte di Dávid Jancsó. Nonostante ciò, il risultato rimane colossale.
Sua moglie Erszébeth (Felicity Jones), brillante giornalista, e sua nipote Zsófia (Raffey Cassidy), traumatizzate dalla guerra, ancora impossibilitate a lasciare l’Ungheria, László Tóth (Adrien Brody, di insolita intensità), architetto laureato al Bauhaus, immigrato solo negli Stati Uniti alla fine degli anni quaranta. Accolto da suo cugino Attila (Alessandro Nivola) a New York, László coglie l’opportunità di mostrare il suo talento il giorno in cui Harry (Joe Alwyn) e Maggie Lee (Stacy Martin) mettono piede nel negozio di mobili che Attila gestisce con sua moglie (Emma Laird).
I due giovani ordinano una biblioteca ad Attila per il compleanno del padre, il ricco industriale Harrison Lee Van Burren (Guy Pearce, che a volte spinge il conto). Alla scoperta della sorpresa, quest’ultimo si arrabbia moltissimo. Anni dopo, avendo compreso il genio di László Tóth, l’esteta tanto ricco quanto tirannico suggerì all’architetto di progettare un istituto in memoria di sua madre. Nel frattempo scoppia una discussione tra Attila e László, costringendo quest’ultimo a vivere in un rifugio per senzatetto. Diventa così amico di Gordon (Isaach de Bankolé), il quale, oltre a crescere suo figlio da solo, deve affrontare il razzismo.
Dobbiamo soprattutto rendere omaggio alla scenografa Judy Becker, che, attraverso la sua formidabile inventiva, riesce a suggerire che László esprime in cemento armato e marmo italiano l’oppressione della religione e il trauma legato agli orrori della guerra. Menzione d’onore alla splendida biblioteca che Le Corbusier non avrebbe certo negato. In contrappunto all’opulenza della villa Van Burren e alle imponenti creazioni di László Tóth, Becker illustra con la stessa brillantezza la modestia e la dignità delle persone a basso reddito e dei trascurati.
Per molti aspetti, il ritratto dell’America, terra promessa per eccellenza, che Brady Corbet dipinge non è affatto lusinghiero. Attraverso la relazione tossica tra Van Burren, un pervertito narcisista, e László Tóth, un artista torturato, il regista sembra offrire uno specchio dell’America di oggi, dove il divario tra le classi sociali continua ad aumentare. , dove la libertà di espressione è minata, dove gli artisti sono alla mercé degli onnipotenti. Dovremmo considerarla una metafora dell’industria cinematografica?
Un vero tour de force, un vibrante omaggio ai geni del Bauhaus morti durante la Seconda Guerra Mondiale essendosi in parte ispirati Architettura in uniformesaggio dello storico dell’architettura e urbanista francese Jean-Louis Cohen, Il brutalista offre una riflessione vertiginosa sulla salvezza attraverso l’arte, la creazione senza compromessi e il potere del denaro sullo sfondo del sogno americano. Come lo stesso Brady Corbet, László Tóth, una figura immaginaria che evoca l’architetto e designer di mobili Marcel Breuer, appare ostinato, sensibile e impenitente nella creazione della sua arte. .
Dal 17 gennaio al Cinéplex Banque Scotia Montréal in 70 mm, in versione originale. Dal 24 gennaio in alcune sale del Quebec in versione originale con sottotitoli in francese. A febbraio ovunque in Quebec in versione francese.
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Dramma
Il brutalista
Brady Corbet
Con Adrien Brody, Guy Pearce, Felicity Jones
3 ore e 35
8/10