[CINÉMA] Signor Aznavour, intenzioni e sforzi per così poco…

[CINÉMA] Signor Aznavour, intenzioni e sforzi per così poco…
[CINÉMA] Signor Aznavour, intenzioni e sforzi per così poco…
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Era un film particolarmente atteso, e beneci ha deluso.

Prodotto da Jean-Rachid Kallouche, nipote di Charles Aznavour, il progetto sembrava promettente. Almeno non c’è da temere un tradimento su larga scala nei confronti del celebre cantautore. Inoltre, se il nome di Grand Corps Malade, co-regista del film biografico insieme all’amico Mehdi Idir, bastava a lasciarci perplessi, sapevamo che Aznavour, colpito dal film Pazienti che il tandem aveva precedentemente prodotto, gli aveva dato il via libera poco prima della sua morte nel 2018: “Si scopre che Mehdi Idir spiega in un’intervista, che è morto il giorno in cui avevamo tutti appuntamento per avviare la produzione Signor Aznavour. Abbiamo sospeso il progetto, completato La Vie scolaire, prima di ritornarci”.

Molto lineare, probabilmente troppo, il film ripercorre le tappe significative della carriera del cantante. La storia inizia quindi con la giovinezza di Charles Aznavourian, quando questo figlio di immigrati armeni scoprì intorno ai dodici anni la vocazione di attore-cantante, al Théâtre du Petit-Monde. Poi la storia affronta l’occupazione tedesca e i rischi che la sua famiglia ha corso per nascondere gli ebrei, nonché i combattenti della resistenza Mélinée e Missak Manouchian. Già in quel periodo Aznavour stava cercando di esibirsi nel più piccolo cabaret di provincia insieme al suo compagno Pierre Roche. Un’amicizia che non è mai venuta meno, nonostante i percorsi disuguali dei due uomini. Il film di Mehdi Idir e Grand Corps Malade racconta anche il rapporto complesso, a volte caldo e a volte burrascoso, tra Aznavour ed Edith Piaf, nonché episodi più dolorosi della vita del cantante, come la morte, nel 1976, di suo figlio. Patrizio.

Storia concordata e pessima scelta dell’attore

Nutrito da un importante lavoro di ricerca sulla vita di Charles Aznavour, che passa dall’ascolto delle sue milleduecento canzoni alla lettura delle sue biografie, il nostro tandem di cineasti consegna, in definitiva, un lavoro fin troppo accademico sul piano narrativo, fino in fondo alla maldestra scelta di un capitolo, dando la sgradevole impressione di aver trasposto sullo schermo la pagina Wikipedia dell’artista e di aver raccolto tutti i suoi aneddoti conosciuti. Un rischio minimo che Grand Corps Malade e Mehdi Idir tentano improvvisamente di supplire nel corso del racconto con l’inserimento sgradito e anacronistico di un pezzo rap – sappiamo che Aznavour, desideroso di compiacere i “giovani”, si media per promuovere questa “musica”…

Ancora più fastidiosa è la scelta di Tahar Rahim di interpretare l’artista. Un bravo attore, in assoluto, ma anche volontario, sincero e gran lavoratore – è lui stesso a cantare la canzone nel film – le sue protesi non riescono mai a dargli veramente le sembianze di Aznavour, la cui silhouette e il cui aspetto atipico sembrano inavvicinabili. Tahar Rahim fatica, dall’inizio alla fine, a farci dimenticare che si nasconde dietro il personaggio, dove Eric Elmosnino si illudeva perfettamente nei panni di Serge Gainsbourg nel film a lui dedicato da Joann Sfar nel 2010.

Un argomento fondamentale appena trattato

Infine, se i due cineasti ripetono più e più volte che Charles Aznavour ha dato una possibilità ai “giovani” (cioè quelli provenienti da un contesto di immigrazione, ecc.), il loro film tocca appena le ragioni più profonde del suo successo personale: vale a dire, l’assimilazione totale di Aznavourian, abbandonando una parte importante della sua identità originaria per abbracciare non solo la cultura francese, ma venerarne la lingua e renderle omaggio, senza cercare di stravolgerne eccessivamente la natura, né le regole grammaticali né nel vocabolario. Un lavoro di assimilazione che i “giovani” a cui fanno riferimento i due registi non intraprendevano da molto tempo… Ricordiamo però le seguenti parole del cantante, fatte nel 2013 su RTL: “Sono diventato francese prima, nella mia testa, nel mio cuore, nel mio modo di essere, nella mia lingua… ho abbandonato gran parte della mia armenanità per essere francese… Bisogna farlo. Oppure devi andartene”.

In breve, i filmmaker sono rimasti alla superficie del personaggio di Aznavour.

2 stelle su 5

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