Colloquio
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The New Yorker, per il quale questo è il primo lungometraggio, disinibisce la sottomissione sessuale, rendendola un comico oggetto quotidiano. Un progetto appassionato, immaginato da centinaia di microscene.
Montatrice, sceneggiatrice e regista del suo primo lungometraggio La vita secondo Ann, oltre a esserne l’interprete principale, Joanna Arnow fa parte di un network di indipendenti newyorkesi in movimento, quindici anni dopo l’apparizione della generazione “mumblecore” che raccontava la perdita esistenziale e l’intimità in camera da letto con i mezzi a portata di mano. L’atmosfera è soprattutto divertente in Tranxene in questo viaggio attraverso la vita quotidiana di Ann, una trentenne disillusa di Brooklyn, che esplora le sue fantasie di sottomissione sessuale alla fine di noiose giornate lavorative che la fanno piangere. Tutta sorridente e molto meno taciturna del suo sosia immaginario, la cineasta si anima davanti alla sua webcam all’inizio di maggio, quando racconta la realizzazione di questo progetto “passione”, dal titolo originale “impossibile twittare” (La sensazione che il tempo per fare qualcosa sia passato) e il sostegno di una vivace comunità a Brooklyn. La vita secondo Joanna Arnow.
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