“Il mio peggior nemico”, “La vita secondo Ann”, “Tutti i colori del mondo”, “Come un lunedì”…

-

LA LISTA DEL MATTINO

>>

Augusto Gongora e Paulina Urrutia in “Memoria eterna”. PIFFLMEDIEN

Nelle sale questa settimana, due documentari di Mehran Tamadon in cui il regista fa sì che attori o ex vittime ricostruiscano gli abusi subiti nelle carceri iraniane. Ma anche il ritratto di un trentenne newyorkese intrappolato in una vita noiosa che la pratica del sesso BDSM non riesce a ravvivare, una commedia tra le altre che si confronterà anche con storie d’amore sconvolgenti, proibite o ostacolate.

Avere

“Il mio peggior nemico” e “Dove Dio non c’è”: Mehran Tamadon cerca di esorcizzare la violenza del regime iraniano

Profondamente legato alla modernità del cinema iraniano, Mehran Tamadon, nonostante viva in Francia fin dall’adolescenza, non ama altro che la sperimentazione formale, lo stravolgimento di forme e significati. Regista di documentari sul combattimento, ha deciso di incontrare, nel 2007, in Bassidji, di questa milizia di giovani martiri chiamati sul campo di battaglia iracheno. Nel 2014, ha immaginato in iraniano chiudersi in casa per due giorni con quattro mullah, solo per sperimentare le virtù di un sano dialogo con il nemico.

Il mio peggior nemico (rilasciato l’8 maggio) e Dove Dio non c’è (15 maggio) spinge le cose ancora oltre. Nella prima, chiede ai connazionali come lui esiliati in Francia di interpretare gli scagnozzi del regime in un interrogatorio filmato in cui lui farebbe da cavia, per poi recarsi in Iran con questo film per convincere i servizi di sicurezza locali a riconoscersi in esso. , il primo passo di un pentimento segreto a cui anela.

Riportando la questione della simulazione nella professione, Dove Dio non esiste utilizza un processo leggermente più tradizionale, chiedendo alle ex vittime di abusi di rievocare il loro periodo nelle carceri iraniane. Seppur confinato in un deposito della periferia parigina, il film utilizza una sorta di ricordo corporeo e comportamentale dei personaggi. Due uomini e una donna testimoniano qui per esperienze vissute e su registri significativamente diversi, suscitando ogni volta un’emozione sorprendente. J.Ma.

Documentari francesi di Mehran Tamadon (1h22 e 1h52).

“La vita secondo Ann”: il piccolo teatro del disagio di Joanna Arnow

Nel mercato ben regolamentato del cinema americano, c’è ancora spazio per questi film piccoli, contorti e inclassificabili, per i quali il campo dell’indipendenza è stato a lungo generoso? La vita secondo Ann lo dimostra impegnandosi in una forma di autoritratto dispregiativo, nella tradizione della commedia ebraica newyorkese. Chi si presta all’esercizio è Joanna Arnow, una giovane regista che, non contenta di occuparsi della scrittura, della regia e del montaggio del suo film, si mette in scena nei panni della sua eroina e nel dipingere una sessualità non convenzionale .

Ti resta l’82,28% di questo articolo da leggere. Il resto è riservato agli abbonati.

-

PREV Come ha fatto Barty Crouch Junior a inserire il nome di Harry nel Calice di Fuoco?
NEXT “Sono le situazioni intermedie dell’intimità che mi interessano” – Libération