Pubblicato il 4 dicembre 2024 alle 10:07.
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La settimana scorsa ci siamo rammaricati per le stranezze inefficaci dei promettenti Gran Girodel regista portoghese Miguel Gomes, Premio alla Miglior Regia a Cannes. Sezione parallela dello stesso festival, la Quinzaine des filmmakers presentata in primavera Un linguaggio universaledi Matthew Rankin, film canadese anch’esso basato su strane discrepanze. A cominciare da quello di una città di Winnipeg diventata persiana, dove tutti parlano Farsi! In un susseguirsi di vignette sconnesse con uno stile modellato sui film che hanno stabilito i nomi di Abbas Kiarostami, Mohsen Makhmalbaf e Jafar Panahi, ci diciamo che la bella idea di questo erede di Guy Maddin – il grande cineasta surrealista di Winnipeg – si stabilizzerà rapidamente. E poi, miracolosamente, tutto va a posto per produrre un film stranamente incantevole e abitato. Quindi, a volte è importante diffidare della reputazione…
La sequenza di apertura in un’aula scolastica è un perfetto allontanamento dal cinema iraniano degli anni ’80 e ’90, con il bambino che supplica che un tacchino gli abbia rubato gli occhiali, facendo disperare l’insegnante. Più tardi, due ragazzine scoprono una banconota da 500 rial bloccata nel ghiaccio (è inverno) e cercano una soluzione per recuperarla, con l’idea di permettere al ragazzo di comprarne un nuovo paio. Durante questo tempo, una guida introduce un piccolo gruppo di turisti alle “curiosità” della città: una giungla di grandi edifici moderni, con rare memorie storiche ridotte di conseguenza, come questa stele in memoria di Louis Riel, padre fondatore controverso in Manitoba, situato all’estremità di un incrocio autostradale.
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