In “No Other Land”, palestinesi e israeliani uniti dalla stessa visione sulla colonizzazione in Cisgiordania

-
>>

“No Other Land”, documentario di Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal. L’ATELIER DISTRIBUZIONE

L’OPINIONE DEL “MONDO” – DA VEDERE

Questo documentario cofirmato da palestinesi e israeliani sulla colonizzazione in Cisgiordania ne ricorda un altro, prodotto nel 2013, sullo stesso argomento, da un tandem della stessa natura miracolosa. Il film si chiamava Cinque telecamere rotteè stato firmato congiuntamente da Emad Burnat e Guy Davidi, e raccontava come lo Stato di Israele intendesse, grazie alla realizzazione del muro di separazione, separare il villaggio di Bilin dalle sue terre coltivabili, e offrirlo ad una colonia ebrea vicina . Il film evoca i cinque anni di lotta, le cinque telecamere rotte da Emad dai militari israeliani e i primi cinque anni di esistenza di suo figlio, al termine dei quali l’Alta Corte israeliana dichiarò illegittimo questo percorso.

Nessun’altra terra indubbiamente non ha né l’architettura temporale, né la poesia feroce del film di Burnat e Davidi, e tanto meno il suo lieto fine. Testimonia, in sostanza, la radicalizzazione di un governo israeliano ormai conquistato da un’ideologia di estrema destra, allineata sull’uso della forza e sul rifiuto del dialogo, e che accelera più che può l’avanzata degli insediamenti in Cisgiordania . Il film risuona infine con la tragedia – portata a un livello di crudeltà senza precedenti dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, e le sue conseguenze – del reciproco non riconoscimento che avvelena gli abitanti di questa terra e li fa precipitare in una situazione apparentemente infinita. sfortuna.

Distruggi e ricostruisci

Basel, un giovane di 28 anni di Massafer Yatta, una comunità beduina diffusa in una ventina di villaggi nel sud della Cisgiordania, è il vero “eroe” di questo film. Attivista e figlio di un’attivista. Armato con la sua macchina fotografica, o testimoniando davanti all’obiettivo dell’operatore israeliano Rachel Szor, racconta la resistenza dei contadini locali, dichiarati illegittimi, dagli anni ’80, sulle loro terre dallo Stato ebraico, che pretende di installare una zona militare. Contrariamente a quanto accaduto a Bilin, l’Alta Corte israeliana ha finalmente autorizzato la loro espulsione nel 2022.

L’esercito non ha aspettato di radere al suolo l’habitat, rendendo la vita impossibile. Case, tubi, pali elettrici, tutto va lì. Massafer Yatta, i cui abitanti si trasformarono in trogloditi, distrutto sette volte, sette volte nato dalle sue ceneri, fu ricostruito da cianfrusaglie. Il film mostra proprio questa caparbietà, sia da parte dei demolitori che degli abitanti del villaggio. Pesantezza, stanchezza, sfinimento, spietata assurdità, coraggio, si susseguono. Dal 7 ottobre 2023, il coinvolgimento dei coloni, la violenza a cui ricorrono sotto la protezione dell’esercito, hanno fatto un passo avanti in questo processo di colonizzazione.

Ti resta il 24,86% di questo articolo da leggere. Il resto è riservato agli abbonati.

-

PREV “Les Miserables”, un maestoso ritorno al Théâtre du Châtelet
NEXT Serata libera al Palais Galliera: indossate il vostro cappello migliore per scoprire questa mostra