Gli ultimi chilometri di Yves Desautels, Mister Traffic

Gli ultimi chilometri di Yves Desautels, Mister Traffic
Gli ultimi chilometri di Yves Desautels, Mister Traffic
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Da 26 anni è un po’ un faro per gli ascoltatori di ICI Première nelle ore di punta. Il leggendario editorialista del traffico Yves Desautels si ritirerà giovedì prossimo. Alla fine si stancò di giocare nel traffico mattina e sera. I coni arancioni e gli ingorghi mostruosi avranno esaurito la sua pazienza. Il dovere ha potuto seguirlo durante uno dei suoi ultimi turni.

“Mi è piaciuto molto il mio lavoro Quando ho iniziato. Là, molto meno. E’ ora che tutto questo finisca. Quando ho cominciato, fino a Laval la situazione era bloccata. Adesso è bloccato fino a Saint-Jérôme. Di anno in anno peggiora», dice subito, esasperato, mettendo un po’ di teatralità nella sua voce sommessa.

Yves Desautels è un personaggio radiofonico diverso da tutti gli altri. Ce ne rendiamo conto quando lo vediamo arrivare in pantaloncini e sandali negli studi di Radio-Canada con la disinvoltura di qualcuno che fa parte dell’arredamento. Prima di andare in onda si concede qualche battuta con gli altri opinionisti della 15-18 e il team tecnico. “È una cosa bellissima banda, Mi mancheranno”, confida rivolgendosi a noi.

Poi, in un momento solenne, si accende la luce rossa. La presentatrice Annie Desrochers presenta il menu dello spettacolo e fa un primo giro del tavolo. Ha la parola Yves Desautels… Ma sentiamo squillare il suo cellulare. “Sì, ciao, ti richiamo, sono in onda”, risponde come se nulla fosse, con il microfono ancora acceso. In studio e in sala regia tutti scoppiano a ridere. Niente di grave, anzi. Ecco, siamo abituati a questo genere di imprevisti direttamente con lui.

C’è qualcosa di Claude Poirier nel comportamento di quest’uomo che, come “il vero negoziatore”, fa molto affidamento sulle chiamate del pubblico per avere informazioni. «Comunque non ho l’età di Claude Poirier! Ha quasi 90 anni”, scherza Yves Desautels quando gli viene fatta questa osservazione.

Solo che, a 73 anni, anche il giornalista del traffico non è più giovane. Alla pensione, l’uomo che è nonno tre volte, ci pensa da diversi anni. “Tutti quelli che conoscevo se ne vanno”, nota, dicendo che è rimasto un po’ scioccato quando ha visto Michel Désautels (con il quale non è imparentato) lasciare Radio-Canada l’anno scorso.

Sulla strada

La partenza di Yves Desautels segna anche la fine di un’era. Era l’ultimo reporter del traffico ancora in viaggio a Montreal. Mattina e sera infatti, dopo il suo primo intervento in studio, esce a bordo del suo “riccio”, quest’auto soprannominata così per via delle antenne che un tempo la sovrastavano. È da questa vettura dai colori di Radio-Canada che percorre le strade della grande regione di Montreal e che effettua i suoi tre interventi all’ora. È anche da lì che riceve le chiamate delle sue fedeli “sentinelle”, come le chiama lui, che lo tengono informato sullo stato della rete stradale.

“Ascolto Radio Canada principalmente per te. Spesso si conoscono gli affari prima di Transports Québec. Non sarà più lo stesso dopo il tuo pensionamento, questo è certo”, ammette in nostra presenza un camionista, che di solito chiama Yves Desautels.

In altre stazioni, chi fa il suo lavoro ormai è in studio nelle ore di punta. Seguono gli ingorghi facendo riferimento al sito Quebec 511 e alle telecamere del Ministero dei Trasporti. Dopo tutto, che senso ha mantenere un editorialista del traffico sul campo? Soprattutto con applicazioni come Waze o Google Maps, che informano gli automobilisti sulle condizioni del traffico in tempo reale.

“Tutti mi chiedono che senso abbia stare ancora in macchina. È certo che non sono collegato al scansioni come gli altri, che sono in studio. Ma sono qui se c’è qualcosa di inaspettato. L’altro giorno, quando il ponte Jacques-Cartier è stato bloccato da una manifestazione filo-palestinese, ero lì. Quando l’anno scorso ci fu il grande incendio nella Vecchia Montreal, anch’io sono riuscito ad arrivare prima degli altri”, sottolinea Yves Desautels. È preoccupato che Radio-Canada imiti altre stazioni confinando in studio la persona che gli succederà il prossimo autunno.

La vita prima del traffico

In totale, Yves Desautels avrà trascorso 47 anni con l’emittente pubblica. Dopo aver studiato letteratura, ha iniziato la sua carriera come giornalista nel Canada occidentale. Poi era un giornalista radiofonico al suo ritorno a Montreal. Fu il primo ad arrivare sul posto durante il massacro del Politecnico del 6 dicembre 1989, una data che rimarrà per sempre impressa nella sua memoria.

“Non avrei dovuto lavorare quella notte. Ma siccome abitavo a Outremont, non lontano dall’università, il caposala mi chiamò all’ora di cena perché andassi a vedere. Tutti gli altri giornalisti erano occupati in altro. Tutto quello che sapevamo in quel momento era che avevamo sentito dire che nella scuola si nascondeva un uomo armato. È stato proprio quando sono arrivato lì che ho capito che la cosa era molto più seria di quanto pensassimo. Alla fine ho passato quasi la notte lì”, racconta ancora commosso quasi 35 anni dopo.

All’improvviso gli si stringe la gola quando riaffiorano i ricordi degli scambi avuti quella sera con i genitori delle vittime, che aspettavano ancora la conferma della morte della figlia.

Yves Desautels amava il lavoro del reporter. Grande appassionato di tennis, citando Gabrielle Roy come sua autrice preferita, avrebbe voluto intraprendere la carriera nello sport o nella cultura. Nei suoi sogni più sfrenati, Yves Desautels avrebbe addirittura voluto diventare corrispondente estero. “Solo che da parte francese non c’erano molte occasioni. E siamo d’accordo che non posso competere con un ragazzo come Jean-François Lépine, che ha un curriculum altrettanto lungo», sottolinea senza amarezza.

Non ha mai visto il traffico come un premio di consolazione, anche se ammette di essersi sentito a volte un po’ confinato in questo ruolo. Amava il contatto privilegiato con il pubblico che questo lavoro gli offriva. Peccato se qualcuno lo disprezzasse.

“Onestamente non mi sono mai sentito mancato di rispetto. Se ci fosse, in ogni caso, mi dispiace. Mi piaceva stare nel traffico. Non c’è un giornalista che si occupi di politica che riceva lo tsunami d’amore a cui ho diritto da quando ho annunciato che andavo in pensione”, sostiene.

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