COLLOQUIO. “Ci sono due letture: un’opera su Mussolini o sugli uomini arrivati ​​nel Sud-Ovest” spiega Alain Monnier a proposito della sua saga familiare

COLLOQUIO. “Ci sono due letture: un’opera su Mussolini o sugli uomini arrivati ​​nel Sud-Ovest” spiega Alain Monnier a proposito della sua saga familiare
COLLOQUIO. “Ci sono due letture: un’opera su Mussolini o sugli uomini arrivati ​​nel Sud-Ovest” spiega Alain Monnier a proposito della sua saga familiare
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l’essenziale
A cavallo di un’opera ricca ancorata al mondo moderno e ai suoi tormenti, il romanziere tolosa Alain Monnier ci porta verso “Terre altre dalle nostre”, una magnifica saga tra l’Italia e il sud-ovest della Francia tra due guerre. Incontrare.

Audois originario di Narbonne, Alain Monnier costruisce un’opera accattivante, tra vagabondaggi regionali (“L’esprit des Places”, “Piccolo elogio innamorato dell’Occitania”…) e romanzi insoliti e divertenti (la serie “Parpot”, “Je will tell Voi”…). Il Toulousain ci porta questa volta, con l’eccellente “Altre terre dalle nostre” (Privat), dall’Italia degli anni ’20 al sud-ovest prebellico. Una saga avvincente e riccamente documentata: una gioia da leggere. Incontrare.

Con questo bellissimo romanzo stai facendo un “passo da parte” nel tuo lavoro, vero?

Questa è la prima volta che scrivo un romanzo storico. Ho sempre scritto nell’immaginario, nel contemporaneo ed è un approccio totalmente diverso alla scrittura. Prima di tutto, ho dovuto leggere molto prima di dedicarmi a questo. Poi ho seguito una struttura molto più classica, rispondente a un genere letterario. Posso immaginare benissimo che chi vuole leggere questi opuscoli storici si aspetti una certa forma che mi sono imposto, e non umorismo o distanza… almeno, non troppo!

Come costruire una saga del genere, con tutti questi personaggi, le loro storie e la “grande” storia mescolate insieme: l’ascesa del fascismo in Italia, i contadini del Gers, l’integrazione e l’esclusione?

Ho l’inizio – diciamo il 20%. C’è un’idea di un finale e la scrittura avviene strada facendo. Ci sono strade false: rileggiamo, modifichiamo, torniamo indietro, impariamo a buttare via. O meglio, lo mettiamo in una riserva, dicendoci che un giorno torneremo su questa idea… In trent’anni che scrivo, non ne ho mai più ripresa una, ma non posso buttarla via del tutto!

Come è nata la storia di questa famiglia italiana, di cui Amélia Ricci è l’eroina principale?

È una grande famiglia che seguiremo da oltre vent’anni. Ho due o tre amici ottantenni che hanno vissuto questa migrazione italiana negli anni ’50 o prima, con i loro nonni. Mi hanno parlato della mezzadria, delle aziende agricole dove lavoravano e questo mi ha parlato.

“Tutti si incontravano in chiesa la domenica”

C’erano anche due letture: un lavoro su Mussolini e la frenesia dell’Italia che lo circondava attraverso estratti dai diari dei giovani, e una lettura sulle persone che arrivavano nel Sud-Ovest, interviste crude al 1925. Avere una grande famiglia italiana così permette di avere “angoli di attacco” e punti di vista, arcani di avventure diverse a seconda dei personaggi… e tutta questa mescolanza fa la vita.

Questa storia toccante e molto umanista di questa famiglia che viene in Francia per trovare lavoro risuona, inevitabilmente, con temi attuali…

Questo è tutto, ma penso che ci fossero elementi che hanno facilitato l’integrazione. Innanzitutto il lavoro: cercheremo queste persone per ragioni economiche, a cui poi si aggiungeranno quelle politiche. Ci sono stati attriti, non è “tutti sono belli e simpatici”: nelle scuole e altrove vediamo cose meravigliose e cose terribili. C’è la lingua: una lingua romanza: tra il loro dialetto, l’italiano, il patois locale e il francese, creiamo una sorta di brodo grazie al quale riusciamo a comunicare abbastanza bene. C’è anche la religione: la domenica si ritrovano tutti in chiesa e questa è un’integrazione. Possiamo criticarlo, ma è un vero fattore di integrazione. Ci sono stati provocatori e incidenti ma, ogni volta, stampa e prefetti hanno calmato gli animi: “Ci stanno aiutando, ne abbiamo bisogno”. Oggi abbiamo la sensazione che una parte della stampa soffierà sulla brace…

Alain Monnier: “Altre terre oltre alle nostre” (Privat, 343 pagine, 22,90 €

Una saga storica avvincente

Siamo a Brisotto, nelle Dolomiti (non guardare, questo paese esisteva solo nella fantasia di Alain Monnier), all’inizio degli anni ’20 Amélia e la sorella Rina sposano i due fratelli Angelo e Sandro. I tempi sono duri: tutta questa famiglia di contadini dovrà stabilirsi nel sud-ovest della Francia. Speranze in una vita migliore, ampi spazi agricoli: la realtà non è mai bella come nei sogni… Oltralpe, il fascismo è in ascesa irresistibile… “Terre altre dalla nostra”, l’ultimo romanzo di Alain Monnier, è un successo meraviglioso. In un genere letterario che gli è poco familiare, il romanzo storico, il tolosano conduce la sua storia con un linguaggio e uno stile vivaci, che fanno di questo romanzo profondamente umanista un libro impossibile da chiudere prima dell’ultima pagina. Ultima pagina ? Speriamo di no. Questa storia non è finita: aspettiamo con impazienza il seguito.

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